In giorni concitati anche dal punto di vista dell'informazione, capita di sentire accostare il nuovo coronavirus all'influenza stagionale. Ha senso paragonare il SARS-CoV-2, ossia il virus che produce la COVID-19, a un comune (ma non banale) virus stagionale? La risposta breve è no: il fatto che nelle forme meno gravi - che sono le più frequenti - i sintomi dell'infezione da nuovo coronavirus somiglino a quelli influenzali, non significa che le due condizioni siano accomunabili.
L'elemento di novità. All'origine dell'influenza ci sono quattro famiglie di virus, due di tipo A e due di tipo B. Questi virus hanno la marcata tendenza a variare di anno in anno, presentando differenze molecolari di superficie architettate appositamente per eludere il nostro sistema immunitario. Ma, sottotipi a parte, quello dell'influenza è un patogeno noto: molti l'hanno già incontrato in varie forme e hanno sviluppato un'immunità almeno parziale; inoltre, dall'influenza è possibile (e consigliabile) proteggersi con un vaccino, che tutela da possibili complicazioni le fasce più a rischio, come anziani, donne in gravidanza o pazienti con patologie pregresse. Il nuovo coronavirus è, al contrario, del tutto inedito per la scienza e per noi: non possediamo un'immunità e al momento non abbiamo un vaccino né terapie antivirali specifiche - anche se queste potrebbero arrivare in tempi ragionevoli.
comportamento. Come precisato dall'immunologo Roberto Burioni a Che tempo che fa, il virus dell'influenza si replica nella parte alta dell'apparato respiratorio, coinvolgendo gola, trachea e bronchi. Il nuovo coronavirus ha la tendenza a scendere più in profondità verso i polmoni, nelle aree deputate all'ossigenazione del sangue.
Nelle forme meno gravi, che costituiscono comunque l'80% dei casi, i sintomi del nuovo coronavirus sono simili a quelli influenzali (febbre, tosse, mal di gola, malessere generale). In alcuni casi - ma non è sempre così - un elemento utile a distinguere il nuovo coronavirus da una comune influenza è la comparsa, nel primo caso, di difficoltà respiratorie. Avere sintomi simil influenzali nelle settimane di picco dell'epidemia influenzale è piuttosto comune e non deve provocare reazioni di panico. Se i malesseri sono lievi e non ci sono stati contatti recenti con persone tornate dalla Cina o attive nelle aree italiane considerate a rischio, il Ministero della Salute raccomanda di rimanere a casa fino alla risoluzione dei sintomi, applicando le misure di igiene delle mani e delle vie respiratorie già consigliate per tutti.
Pericolosità. Secondo l'Istituto Superiore di Sanità, la mortalità dell'influenza stagionale, ossia il rapporto tra morti e contagiati, è stimata in meno dell'1 per mille. L'epidemia influenzale riguarda però ogni anno il 9% circa della popolazione italiana, con un minimo del 4% e un massimo del 15%: ha quindi una diffusione molto elevata (è possibile monitorare numero di contagi, di casi gravi e di decessi sul portale dell'epidemiologia per la sanità pubblica del nostro Paese).
Invece, i dati preliminari in nostro possesso suggeriscono una mortalità del 2-3% per la COVID-19, ossia 25 volte più alto dell'influenza, anche se calcolare il tasso di letalità mentre un'epidemia è in corso è un'operazione molto complicata.