Salute

'Non sono un eroe, faccio solo il mio dovere. Servono cordoni umanitari'

Bartolo, può uccidere e le donne sono più esposte, così è morta la mamma di Favour

Roma, 9 giu. (AdnKronos Salute) - Il viaggio per mare dei migranti che salpano dalle coste africane per raggiungere l'Italia e l'Europa è cambiato. Dalle 'carrette' si è passati ai gommoni e con questi mezzi è esploso un nuovo problema: "Aumentano i morti e i naufragi, e quando arrivano vivi hanno gravi lesioni e ustioni dovute a questi mezzi. Un danno che io ho ribattezzato 'malattia dei gommoni', frutto del trasporto delle persone insieme alle taniche di carburante. Quanto questo cade, si miscela con l'acqua e c'è il contatto con la pelle, si determinano delle ustioni da contatto molto gravi". A spiegarlo all'AdnKronos Salute è Pietro Bartolo, medico responsabile del Pronto soccorso di Lampedusa e protagonista del film 'Fuocoammare' di Gianfranco Rosi, Orso d'Oro a Berlino, oggi a Roma per la tavola rotonda 'Formazione medica senza barriere' promosso da Consulcesi al ministero della Salute.

"Quando i migranti arrivano in porto e si tolgono i vestiti viene via anche la pelle", testimonia Bartolo. "Molti hanno lesioni gravissime dovute proprio alla malattia dei gommoni, che possono portare alla morte come accaduto alla madre della piccola Favour di 9 mesi, giunta a Lampedusa da sola - ricorda il medico - Un problema che colpisce particolarmente le donne che vengono imbarcate al centro dei gommoni, mentre gli uomini stanno sui tubolari. Proprio la posizione delle donne accentua il contatto con il carburante e l'acqua salata. Un 'mix' devastante".

Bartolo ci tiene a sottolineare che non è un 'medico eroe' come ormai spesso viene chiamato: "Faccio il mio dovere, quello è giusto fare. L'Asp di Palermo mi mette nelle condizioni di operare nel migliore dei modi, anche se alcune volte abbiamo delle difficoltà - sottolinea - Quello che dobbiamo fare però è non far morire più queste persone. Muoiono a 20-30 miglia dalla costa e noi assistiamo impotenti all'affondamento delle imbarcazioni. Sarebbe opportuno - suggerisce il medico - andarli ad aiutare con dei cordoni umanitari lì dove partono, nei Paesi dove è possibile in Tunisia o in Egitto".

Alla domanda sulla possibilità che il Premio Nobel per la Pace venga dato a Lampedusa, Bartolo risponde molto sinceramente: "Lampedusa se lo meriterebbe tutto. E' da 25 anni che vive il fenomeno delle migrazioni. Tutti insieme, medici, militari e cittadini lo meritano. Però per noi è più importante che si possano evitare i decessi in mare".

9 giugno 2016 ADNKronos
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