Rebecca Smyth, ricercatrice della Cochrane Collaboration (network non-profit dedicato a salute e medicina), ha messo insieme e incrociato i risultati di 14 studi, condotti su oltre 5.000 donne, ed è arrivata alla conclusione che la procurata "rottura delle acque" (l'amniotomia) è una pratica da evitare, se non ci sono ottime ragioni cliniche per attuarla. Le donne, afferma la ricercatrice, dovrebbero essere informate che «l'amniotomia non rende il travaglio più rapido, non migliora l'esperienza del parto e non ha automaticamente ricadute positive sul neonato». Al contrario, sembra che a questa pratica corrisponda un aumento del numero di parti cesarei e che possa anche causare variazioni nella frequenza cardiaca del nascituro. A questo proposito, però, la Smyth dichiara anche che gli studi esaminati non sono mirati e perciò non permettono di giungere a conclusioni definitive.