Salute

Nocebo: effetti collaterali del placebo

Se prendo un farmaco finto (che credo vero) e se so (o credo) che costa molto, gli effetti collaterali saranno più forti e marcati.

Quando si prende una medicina finta, un placebo, che però si ritiene vera, a volte ci si sente meglio davvero. Altre volte se ne sperimentano addirittura gli effetti collaterali, o meglio, quelli che sappiamo possono essere i presunti effetti collaterali, dato non può essere stata la pasticca finta ad averci fatto male.

Questo degli effetti collaterali è il cosiddetto effetto nocebo, un fenomeno noto da sempre e con cui i medici hanno comunemente a che fare durante la sperimentazione dei farmaci. Da tempo si cerca di capire come funzionino da un punto di vista fisiologico l’effetto placebo e il suo opposto, il nocebo, e di questa categoria di ricerche fa parte un curioso esperimento le cui conclusioni sono appena state riportate su Science.

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Domanda: meglio una botta oggi o un pizzicotto (forse) domani? La risposta è meno ovvia di quanto si creda. © Shutterstock

Tra le tante stranezze dell’effetto nocebo c’è anche questa: è più probabile che siamo indotti a provare gli effetti avversi di un farmaco che ci è stato spacciato come vero, ma che in realtà non contiene niente, se sappiamo che il medicinale è particolarmente costoso, cosa che in genere associamo al fatto che è anche più “potente”.

Stessa crema, scatola diversa. Per allestire l’esperimento un gruppo di scienziati di varie nazionalità ha arruolato una cinquantina di volontari per provare una nuova crema contro il prurito della dermatite atopica. Il prodotto, in realtà, non conteneva alcuna sostanza con questa indicazione.

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La via del piacere (e del dolore): l'effetto placebo sembra essere collegato alla produzione di dopamina. Vedi Placebo, una cura fatta di niente.

A tutti i partecipanti è stato detto che l’unguento era assai efficace contro il prurito, ma poteva dare come potenziale reazione negativa un aumento della sensibilità al dolore. A circa metà del gruppo, però, il farmaco è stato presentato come un nuovo e costoso prodotto, e fornito in una scatola con design e caratteristiche di lusso, mentre l’altra metà è stata indotta a credere che si trattasse di una lozione venduta a basso prezzo.

Se costa di più, sarà più forte... Poi i ricercatori hanno sottoposto i volontari a un tipico test per misurare la resistenza al dolore, scaldando un punto della pelle fino alla soglia in cui si sente dolore. E qui si è verificata quella che al senso comune appare una stranezza: i partecipanti che avevano usato la "crema costosa" hanno riportato di sentire dolore assai prima di chi aveva adoperato la lozione "economica".

Nel cervello e nel midollo. Per capire in che modo nascesse questa suggestione, dato che a una prova fatta con gli stessi volontari non c’era stata alcuna differenza tra i due gruppi, i ricercatori hanno studiato il sistema nervoso dei partecipanti con un tipo particolare di risonanza magnetica che permette di osservare contemporaneamente sia il cervello sia il midollo spinale.

Così hanno identificato alcune regioni del midollo spinale che si attivavano in modo specifico quando i volontari della crema “cara” riportavano la sensazione di dolore.

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Anche un semplice bicchiere d'acqua può innescare un effetto placebo: l'evoluzione spiega perché funziona. © Shutterstock

E anche nel loro cervello hanno documentato l’attivazione specifica di alcune aree, in particolare nella corteccia prefrontale. Sarebbe insomma questo circuito a orchestrare l’effetto nocebo: l’aspettativa di provare dolore “allerta” il sistema nervoso a provarlo davvero.

Trucchi a fin di bene. Altri studi hanno mostrato effetti analoghi: se avvisate che percepiranno un dolore, le persone giudicano un po’ doloroso anche uno stimolo che non lo è per niente, o come molto dolorosa una lieve puntura. I pazienti che vengono informati espressamente che un trattamento antidolorifico verrà sospeso sentono più male di quelli a cui il farmaco viene sospeso senza avvertirli apertamente. Tutte questioni solo apparentemente teoriche e che in realtà si potrebbero tradurre in indicazioni molto concrete sull’approccio da usare con i malati: "trucchi" psicologici di cui forse tanti medici e infermieri sono già ben consapevoli.

7 ottobre 2017 Chiara Palmerini
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