Il Pseudomonas aeruginosa è un superbatterio che causa infezioni croniche e acute, potenzialmente fatali per chi ha un sistema immunitario indebolito. La forza del P. aeruginosa sta nella sua adattabilità e resistenza a molti antibiotici, cosa che lo rende difficile da curare: alcuni ricercatori dell'Università di Ginevra hanno provato ad aggirare questo problema sviluppando non un nuovo antibiotico, ma studiando il modo di neutralizzare il batterio, riducendone il potere infettivo. I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Nucleic Acids Research.
Gli scienziati si sono concentrati sulle cosiddette RNA-elicasi, enzimi presenti nei genomi di quasi tutti gli esseri viventi (inclusi i batteri) che intervengono in molti processi riguardanti il metabolismo dell'RNA: «Volevamo capire quale fosse il ruolo delle RNA-elicasi del P. aeruginosa, in particolare in relazione alla patogenesi dei batteri (ovvero al modo in cui i batteri infettano l'ospite, ndr) e al loro adattamento all'ambiente», spiega Martina Valentini, uno degli autori.
Disarmati. Per farlo, gli studiosi hanno analizzato delle tarme della cera (Galleria mellonella), insetti spesso utilizzati in laboratorio per indagare il rapporto ospite-patogeno, osservando che, quando il batterio con il quale venivano infettate non aveva le RNA-elicasi, perdeva la sua forza infettiva. L'80% delle tarme contagiate con il P. aeruginosa non modificato moriva nel giro di 20 ore; al contrario, oltre il 90% delle tarme infettate dal batterio modificato sopravviveva. «I batteri modificati diventavano praticamente innocui, pur rimanendo vivi», sottolinea Stéphane Hausmann, capo dello studio.
Neutralizzare è meglio che uccidere. Ma invece di neutralizzare il batterio, non sarebbe meglio eliminarlo del tutto? La risposta è no, perché disattivare i fattori che rendono virulento un patogeno significa permettere al sistema immunitario dell'ospite (noi) di neutralizzare naturalmente il batterio, riducendo il rischio che il batterio sviluppi una resistenza agli antibiotici. «Se cerchiamo di uccidere i batteri a tutti i costi, questi si adatteranno per sopravvivere, mutando in ceppi più resistenti», spiega Valentini.