Salute

Nessuna nuova variante di SARS-CoV-2 nella recente esplosione di covid in Cina

Uno studio sul Lancet chiarisce che l'impennata di contagi da covid in Cina a dicembre 2022 è stata guidata da due note sottovarianti di Omicron.

Una ricerca pubblicata sulla prestigiosa rivista medico-scientifica The Lancet è destinata a placare le preoccupazioni circa nuove possibili varianti di coronavirus emerse dalla recente esplosione di casi di covid in Cina. In base allo studio di sorveglianza genomica, la maggior parte dei contagi registrata nel Paese dopo la fine della strategia zero-covid sarebbe infatti riconducibile a ceppi già noti di Omicron.

Quando tutto è cambiato. Da dicembre 2019 gli scienziati dell'Istituto di Microbiologia dell'Accademia Cinese delle Scienze analizzano e sequenziano campioni selezionati a caso di tamponi per CoViD-19, originari dalla Cina o di pazienti provenienti da fuori. Fino all'inverno 2022 non avevano trovato tracce di una trasmissione persistente a Pechino, per effetto delle rigide misure anti-covid in vigore nel Paese dall'inizio della pandemia.

Quelle stesse regole, però, si sono rivelate un boomerang una volta rimosse: il grosso allentamento delle restrizioni tra novembre e dicembre scorsi ha provocato una valanga di contagi e alimentato i timori sulla possibile comparsa di nuove varianti, con il virus lasciato correre tra milioni di organismi ancora sprovvisti di difese.

Due vecchie conoscenze. Nel nuovo studio sono stati analizzati, tra gli altri, 413 campioni di infezioni contratte nel periodo in cui in Cina erano saltate le restrizioni e i casi crescevano esponenzialmente, tra il 14 novembre e il 20 dicembre 2022. Le analisi hanno confermato che tutti i casi erano riconducibili a varianti di coronavirus note, e che più del 90% dipendeva dalle due sottovarianti di Omicron BA.5.2 and BF.7, dominanti a Pechino in tutto il 2022.

In particolare nel momento in cui lo studio ha "fotografato" la diffusione delle due varianti virali, era associato a BF.7 (ceppo dominante) il 75,7% delle infezioni locali, e a BA5.2 il 16,3% dei casi. I casi importati (63 in totale) includevano anche varianti diverse e meno diffuse in Cina.

Nessun nuovo incontro. Sarebbe stata quindi l'azione combinata di questi due sottorami di Omicron a causare la recente ondata di casi in Cina. Benché il sequenziamento genomico abbia coinvolto soltanto popolazione testata a Pechino, secondo gli autori della ricerca si tratta comunque di un campione rappresentativo anche del resto del Paese, per densità e caratteristiche degli abitanti della città e per la circolazione, nella megalopoli, di versioni di coronavirus altamente contagiose.

Come a dire che quello preso in considerazione nello studio potrebbe essere stato uno degli scenari più a rischio per l'emergere di nuove varianti, e che il fatto che non ne risultino di nuove è - pensando al futuro - rassicurante.

15 febbraio 2023 Elisabetta Intini
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