Una componente appena scoperta del sistema immunitario potrebbe essere la chiave per estendere le immunoterapie a una platea più ampia di pazienti oncologici. Un gruppo di ricercatori dell'Università di Cardiff (Regno Unito) ha individuato sui linfociti T (le cellule che difendono l'organismo da elementi estranei) un recettore capace di individuare e distruggere cellule tumorali di diverso tipo, potenzialmente in tutti i pazienti. Una sorta di passe-partout contro il cancro, che nessuno credeva potesse esistere.
Solo all'inizio. Gli scienziati tengono a precisare che lo studio pubblicato su Nature Immunology è ancora in una fase assai preliminare: si parla di ricerca di base (cioè volta a comprendere i meccanismi teorici) compiuta in laboratorio sui topi e su colture cellulari umane, e ancora ben lontana da test clinici sull'uomo. Tuttavia, le prospettive che apre sono promettenti: sul piatto c'è la possibilità di un significativo avanzamento delle terapie anti-cancro a base di cellule immunitarie, come la CAR-T.
Speranze e limiti. La CAR-T (dall'inglese Chimeric Antigens Receptor Cells-T) è una terapia genica che modifica il DNA dei linfociti T del paziente rendendoli in grado di riconoscere ed eliminare in modo mirato le cellule tumorali. Questo trattamento altamente personalizzato consiste nel prelevare le cellule immunitarie della persona affetta da tumore, ingegnerizzarle affinché riconoscano specifiche proteine sulle cellule cancerose, farle moltiplicare e infonderle di nuovo nel paziente. In Italia è stata di recente approvata per il trattamento di due tumori del sangue.
La CAR-T è uno dei progressi più notevoli della ricerca oncologica degli ultimi 20 anni, ma si scontra ancora con limiti importanti. Oltre ai costi proibitivi e ai possibili (e seri) effetti collaterali, funziona solo su un numero altamente selezionato di pazienti. Anche ingegnerizzati, i linfociti T sono in grado di riconoscere soltanto alcuni tipi di cancro (in particolare, i tumori del sangue) e la terapia va personalizzata perché il recettore che permette ai linfociti di trovare le cellule cancerose varia da individuo a individuo.
Si pensava che non esistesse, sulle cellule T, un recettore "universale" per le cellule cancerose. E per fortuna ci si sbagliava.
La scoperta. Il team britannico ha individuato un tipo di linfociti T che mostra un recettore finora sconosciuto, capace di prendere di mira e annientare una vasta gamma di tumori e di risparmiare le cellule sane. Questo recettore si aggancia a una molecola superficiale chiamata MR1 che è presente praticamente su tutte le cellule del corpo umano, ma che muta sulle cellule cancerose per effetto del loro metabolismo distorto.
Oltretutto, il recettore per la MR1 non varia nella popolazione umana: da qui le speranze di nuove immunoterapie basate su questa "chiave", che funzionino per un ampio bacino di pazienti e su molti tipi di tumori.
In test di laboratorio, i linfociti armati di questo recettore hanno eliminato colture di cellule umane di cancro ai polmoni, al colon, al seno, di tumore della prostata e ovarico, di melanoma e di leucemia. Anche tumori "solidi", dunque, per i quali, l'utilizzo della CAR-T pone difficoltà (è difficile che i linfociti T sopravvivano all'interno di una formazione tumorale, senza potersi muovere liberamente nel sangue). Testate su topi con leucemia, le cellule immunitarie hanno permesso una regressione della malattia.
Futuro. Se un simile approccio si rivelasse efficace, e privo di effetti collaterali, sull'uomo, le potenzialità della CAR-T e di altre terapie a base di linfociti T potrebbero finalmente spiccare il volo: da trattamento "sartoriale" a terapia finalmente accessibile.