Alcuni membri di una comunità Amish nello stato dell'Indiana possiedono una variante genetica associata a una migliore salute metabolica, a una minore incidenza di diabete, malattie cardiache e demenze, nonché a una aspettativa di vita 10 anni maggiore di quella dei coetanei. La ricerca pubblicata su Science Advances, apre nuove prospettive nella ricerca di trattamenti contro le patologie legate alla vecchiaia.
La storia della scoperta. Una ventina di anni fa, una giovane donna della comunità Amish di Berne, nell'Indiana, fu sottoposta a un'operazione chirurgica di routine, nella quale rischiò seriamente di morire dissanguata. A Douglas Vaughan, cardiologo della Northwestern University Feinberg School of Medicine di Chicago, venne il sospetto che all'origine dell'episodio ci fosse una variante genetica legata non soltanto alla coagulazione del sangue, che valesse la pena studiare.
La mutazione. Per questo motivo il medico ha rintracciato la donna, che ha accettato di partecipare alla ricerca insieme ad altri 176 membri della sua comunità. In 43 di essi è stata ritrovata almeno una copia di una variante di un gene chiamato SERPINE1. Di norma, questo gene fornisce al corpo umano le istruzioni per produrre una proteina (la PAI-1) che rallenta il processo che distrugge ogni possibile ingorgo all'interno dei vasi sanguigni. La PAI-1 ha anche un ruolo nel promuovere il processo di senescenza delle cellule, alla base dell'invecchiamento.
Baciati dalla fortuna. Le 43 persone che possedevano una copia normale e una mutata del gene hanno vissuto tipicamente per 85 anni, 10 in più, in media, rispetto al resto della popolazione. Queste persone, che avevano il 50% in meno di concentrazione di PAI-1 nel sangue, hanno mostrato, durante le analisi, anche telomeri più lunghi (le parti terminali dei cromosomi che si accorciano con l'età): il segno di un più lento invecchiamento cellulare. Tra i vantaggi offerti dalla mutazione, inoltre, ci sono una minore incidenza dell'insulino-resistenza all'origine del diabete e una migliore salute del metabolismo.
Nella giusta quantità. Passati studi su animali avevano dimostrato che ridurre i livelli di PAI-1 nel sangue protegge dalle malattie dell'invecchiamento, ma questa è la prima volta che si scopre una popolazione umana naturalmente in possesso della variante. Chi invece è portatore di due copie del gene mutato, e quindi ha livelli praticamente inesistenti di PAI-1 nel sangue (come la donna dell'operazione), presenta alcuni problemi, come la facilità alle emorragie. Un po' di PAI-1 è necessaria, troppa no.
Nel mirino. La scoperta sta aprendo la strada a trattamenti farmacologici che prendano direttamente di mira questa proteina, per ridurne la quantità: si va dai trattamenti contro la calvizie precoce a quelli più seri contro il diabete e il deterioramento cognitivo.