Dal 2010, quando scoppiò il caso della mozzarella blu, i ricercatori studiano cause e rimedi. E un recente studio dell'Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Bari (Ispa-Cnr), in collaborazione con l'Istituto zoofilattico sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle D'Aosta, annuncia un rimedio, per quanto non definitivo: la possibilità di inibire senza antibiotici lo sviluppo del colpevole, il batterio Pseudomonas fluorescens, ossia la causa identificata nel 2013 dai ricercatori dell'università di Padova (qui lo studio pubblicato su Food Microbiology).
Le mozzarelle dei puffi, come furono chiamate all'epoca dei fatti, comparvero a giugno di quattro anni fa in casa di due famiglie, a Trento e a Torino, e diventarono presto un caso nazionale. I primi lotti di mozzarella incriminata provenivano dalla Germania, i successivi erano italiani. In ogni occasione si trattava di mozzarella di latte vaccino. Nel 2012, poi, ci furono altri episodi a Frosinone.
Per impedire lo sviluppo dei batteri responsabili della colorazione i ricercatori di Bari hanno aggiunto al liquido di conservazione della mozzarella - il siero - una proteina presente in particolare nel latte che ha proprietà antimicrobica e antiossidante: la lattoferrina, già usata in prodotti per l'infanzia e integratori. Hanno anche adottato misure per prolungare il periodo di conservazione del latticino ed elaborato un metodo per capire se potrà con il tempo cambiare colore. Le tecniche sono ancora in via di perfezionamento, ma lasciano un dubbio:
perché non cercare il modo di evitare il batterio,
piuttosto che neutralizzarlo?
I batteri responsabili, di per sé non patogeni (non arrecano danni, ma di certo non invitano al consumo del prodotto), sono presenti in particolare nell'acqua usata per le lavorazioni negli stabilimenti di produzione e possono formare una pellicola difficile da eliminare dalle attrezzature dei caseifici, per lo meno quelli industriali. «Casi di mozzarella blu sono tecnicamente impossibili per la bufala campana dop», spiega il direttore del Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana Dop, Antonio Lucisano, «perché questa produzione, tipicamente artigianale, di per sé rende impossibili episodi di pigmentazione di qualsivoglia colore, riscontrabili invece nel caso di grandi produzioni industriali, dove le acque di raffreddamento vengono riciclate per lunghi tempi.»
Intanto, a febbraio Raffaele Guariniello, titolare della procura torinese che si occupa dell'inchiesta sui casi del 2010, ha accusato le tre aziende responsabili dei primi casi di utilizzare rifornimenti idrici inadeguati.
Vedi anche