Per un'Italia libera dal morbillo la data continua a spostarsi in avanti: doveva essere il 2013. È stata spostata al 2015 e ora si parla del 2017. Per questa malattia infettiva, una volta considerata una delle malattie che non c'era modo di scampare, da bambini, esiste un vaccino raccomandato dall'Organizzazione mondiale della sanità, disponibile nel nostro Paese e promosso da una campagna di vaccinazione pubblica dal 2002. Quell'anno, in Campania, si era verificata un'epidemia con 40mila casi di contagio e otto morti in tutta Italia. Per mantenere alta l'attenzione sulla meta da raggiungere (morbillo-free) e monitorare la diffusione delle infezioni, da gennaio 2014 l'Istituto superiore di sanità (Iss) pubblica un bollettino a cadenza mensile sulla sorveglianza epidemiologica sui casi di morbillo.
Se la popolazione immune alla malattia non arriva a quota 90-95 per cento (tra chi ha avuto la malattia e chi è protetto perché vaccinato) il morbillo continuerà a circolare. Eppure, il vaccino contro il morbillo continua a incontrare resistenza. Perché?
Cattiva fama immeritata. Alla diffidenza nei confronti della vaccinazione (di solito in combinazione con quella contro rosolia e parotite) hanno contribuito le accuse di poter provocare l'autismo. Il medico inglese che aveva pubblicato uno studio clinico sui possibili legami tra vaccino anti-morbillo e autismo, falsificando i risultati, è stato smascherato, e studi successivi hanno più volte confermato che non c'è alcun nesso tra la vaccinazione e il disturbo mentale, ma la (falsa) teoria continua come un fiume carsico a fare capolino con la complicità di Internet.
In più, «molti sono vittime della falsa percezione che il morbillo sia una malattia benigna. In realtà non è così. Produce complicazioni anche molto serie, come la polmonite o addirittura l'encefalite in due o tre casi su mille», spiega Stefania Salmaso, direttore del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Iss. «Un altro motivo è che, rispetto alle vaccinazioni considerate "serie" e obbligatorie, quelle da fare al terzo mese di vita, la vaccinazione contro il morbillo, che si fa a partire dagli 11 mesi di età del bambino, è stata percepita come "non dovuta".»
Contagi globali. Secondo i dati del bollettino dell'Iss, da inizio 2013 a oggi si sono verificati in Europa oltre 12mila casi di morbillo, la maggior parte in Italia e Germania, con tre morti riconducibili alla malattia e otto casi di encefalite acuta. Solo da noi i casi sono stati 2.738, con 65 ricoveri. Ancora oggi ci sono focolai epidemici in corso in diversi Paesi. In Austria e Finlandia, dove prevalgono scuole di pensiero di orientamento antroposofico, le vaccinazioni sono sconsigliate.
Ma «il virus del morbillo, che riconosce solo l'uomo come serbatoio naturale, è abilissimo a trovare sacche di persone non vaccinate per diffondersi», osserva Salmaso. Proprio quello che è successo nelle settimane scorse: un'epidemia di morbillo su una nave Costa in crociera nel Mediterraneo, con 33 persone contagiate tra membri dell'equipaggio e passeggeri (stando ai dati disponibili) e una persona ricoverata in terapia intensiva per insufficienza respiratoria. «Un caso da manuale, di quelli che si studiano nelle esercitazioni di epidemiologia», dice Salmaso. Con la globalizzazione delle merci e delle persone si globalizzano infattii anche i virus.
Non è una malattia da bambini. Oggi il morbillo non è più tanto una malattia dell'infanzia. L'età media di chi si ammala è sui vent'anni: sono i ragazzi sfuggiti alle campagne di vaccinazione, e che non hanno preso il morbillo da piccoli perché la malattia era diventata assai più rara (prima dell'introduzione del vaccino i casi erano molte migliaia l'anno in Italia). Attraverso di loro il virus si diffonde nelle famiglie, contagiando anche bambini più piccoli ancora non vaccinati ed esponendo le persone a rischi non trascurabili. Ma, soprattutto, evitabili.
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