Salute

Gli approfondimenti di Focus.it - Il morbillo cancella la memoria immunitaria

Il morbillo spazza via buona parte degli anticorpi sviluppati in risposta a precedenti patogeni, e lascia l'organismo vulnerabile per anni: lo si sospettava da tempo, ma ora l'ipotesi è stata verificata in due diversi studi.

L'eredità del morbillo è più scomoda di quanto si credesse: l'infezione da morbillivirus agisce come un colpo di spugna sulla memoria immunitaria pazientemente accumulata dal corpo umano attraverso vaccini e infezioni, e lascia più esposti a nuovi patogeni. È la cosiddetta amnesia immunitaria, già in passato citata come possibile, sgradito "regalo" della malattia: ora quella che era una semplice ipotesi è stata confermata in due diversi studi scientifici su pazienti.

Tabula rasa. Il primo lavoro pubblicato su Science rivela che l'infezione da morbillo cancella fino al 73% della memoria immunologica a lungo termine precedente l'infezione. Studi epidemiologici (cioè sulla distribuzione della malattia nella popolazione) avevano già dimostrato che il morbillo lascia il sistema immunitario più vulnerabile per due o tre anni, ma questo effetto non era mai stato suffragato da dati biologici.

«Il morbillo è molto più pericoloso di quanto si supponesse» spiega Stephen Elledge, tra gli autori. «Molte persone che non hanno mai visto il morbillo credono oggi che sia soltanto uno sfogo cutaneo con febbre. Ma sottotraccia, il morbillo lavora decimando ampie porzioni della fondamentale memoria immunologica protettiva, e questo pone i bambini a rischio di altre malattie infettive».

una rivoluzione. Lo spunto per lo studio è arrivato dai rapporti sul calo sostanziale della mortalità infantile osservato dopo l'introduzione del vaccino contro il morbillo (nel 1963 negli USA, e nel 1968 nel Regno Unito; in Italia è disponibile dal 1976, mentre dall'inizio degli anni Novanta è disponibile la formulazione MPR). In molti casi, la riduzione dei decessi infantile fu del 20-50%, o più. All'inizio questo effetto fu attribuito a un rafforzamento delle riserve immunitarie dovuto alla vaccinazione. Ma un'altra ipotesi era che il vaccino stesse invece facendo luce su un effetto preoccupante e poco conosciuto del morbillivirus: il sospetto era che il patogeno aumentasse il rischio di morte per altre infezioni. Rimuovendo il virus, che un tempo infettava la quasi totalità dei bambini, si preveniva questa deleteria conseguenza.

Amara sorpresa. Per quantificare il danno inferto alla memoria immunologica, Stephen Elledge e Michael Mina, genetisti dell'Howard Hughes Medical Institute e dell'Harvard Medical School di Boston, hanno analizzato il sangue di 77 bambini non vaccinati contro il morbillo prima e a distanza di due mesi da un naturale contagio. Per le analisi hanno utilizzato VirScan, una tecnologia che identifica nel sangue gli anticorpi a centinaia di frammenti di antigeni (le sostanze riconosciute come pericolose dal sistema immunitario).

Gli scienziati si aspettavano una perdita di anticorpi, ma non certo che, in alcuni casi, fosse andata perduta oltre la metà della memoria immunologica: la riduzione di anticorpi andava dall'11%, per i più fortunati, al 73%, e gli anticorpi rimanenti erano presenti comunque in concentrazioni ridotte. Gli anticorpi sono proteine del sangue che "ricordano" i passati incontri con virus o batteri che hanno invaso l'organismo, e aiutano a scongiurare una nuova infezione.

Il morbillo si può curare? No: si può prevenire, attraverso il vaccino, e si può provare a scongiurare le complicanze più gravi (polmonite, cecità) assicurandosi che il paziente sia curato, nutrito e ben idratato. Per alcune infezioni correlate (agli occhi, alle orecchie) il medico curante può prescrivere un antibiotico. E visto che il virus cancella anche le scorte di vitamina A, questa si può integrare. © Shutterstock

Una scoperta accidentale. Andare a caccia di anticorpi "risparmiati" dal morbillo non era nei piani iniziali dei due scienziati, che stavano invece cercando di ottimizzare le indagini di VirScan: nonostante il dispositivo possa rintracciare fino a 10 mila tipi di anticorpi nel sangue di un paziente, «avevamo grosse difficoltà nell'individuare quelli contro il morbillo» spiegano i ricercatori. Questo perché, nelle persone vaccinate contro il morbillo decenni fa, la concentrazione di anticorpi può risultare troppo bassa per essere individuabile con questo sistema: ma non è così in chi è stato infettato di recente.

Officine distrutte. Il virus, spiega Elledge, attacca «un tipo particolare di cellula immunitaria con memoria a lungo termine chiamata LLPC (long-lived plasma cell). Si tratta di cellule che risiedono nel midollo osseo e che somigliano a fabbriche di anticorpi - ciascuna produce massicce quantità di un singolo tipo di anticorpo, e può vivere per decenni nel midollo. Queste cellule tuttavia non possono replicarsi. Quindi, se il virus del morbillo ne uccide una, l'anticorpo che questa produceva è potenzialmente perso per sempre».

Quali malattie? Le infezioni che ricorrono maggiormente dopo il morbillo sono le stesse che già circolano nella regione interessata: per esempio infezioni respiratorie, per USA e Regno Unito, malattie diarroiche e dissenteria per il Sud America. La capacità di distruggere linfociti è comunque "una specialità" dei morbillivirus, «perché usano un recettore chiamato CD150/SLAM, situato sulla superficie delle cellule della memoria immunitaria. Quando il virus entra nell'organismo, va dritto sul bersaglio e attacca quelle cellule nello specifico, cosa che non accade con la maggior parte degli altri virus, e neanche con il vaccino contro il morbillo - che ha un recettore aggiuntivo capace di legarsi a molti tipi diversi di cellule e non prende di mira la memoria immunitaria».

vulnerabili per quanto? Studi aggiuntivi sull'effetto "colpo di spugna" nei macachi hanno confermato la percentuale di anticorpi cancellati e dimostrato che, a 5 mesi dalla guarigione, nel corredo immunologico degli animali mancava all'appello fino al 50% degli anticorpi.

L'ideale sarebbe capire se le prove biologiche di amnesia immunitaria durino realmente per 2-3 anni come in precedenza ipotizzato.

Arriveremo mai all'eradicazione del morbillo? Nel 2017, l'85% dei bambini nel mondo ha ricevuto una prima dose del vaccino entro il primo anno di vita (un miglioramento netto dal 72% del 2000). Il maggior numero di contagi, e di morti, avviene ancora oggi nei Paesi in via di Sviluppo, ma se il morbillo sta tornando in grande stile in Europa e in America, lo deve soprattutto alla presa delle idee no-vax. Eppure, il virus avrebbe tutte le caratteristiche per sparire del tutto dalla circolazione: infetta solo l'uomo (e non gli animali), esiste un vaccino efficace, la diagnosi è semplice e immediata. © Shutterstock

Ora che lo sappiamo... Lo studio «dovrebbe servire a sostenere l'urgenza dei programmi di prevenzione e di eliminazione del morbillo attraverso alti livelli di immunizzazione», spiega Elledge. «Un modo per mitigare i potenziali problemi a lungo termine dell'amnesia immunitaria potrebbe essere rivaccinare i bambini guariti dal morbillo con gli altri vaccini dell'infanzia (polio, vaiolo, epatite, pneumococco, rotavirus). Inoltre, abbiamo trovato che gli adulti più maturi hanno livelli inferiori di anticorpi contro il morbillo. Come sappiamo, invecchiando il sistema immunitario si fa meno funzionale, la domanda è se anche gli individui più anziani dovrebbero essere rivaccinati contro il morbillo, se viaggiano in regioni dove questo è prevalente».

Come appena nati. Un secondo studio pubblicato su Science Immunology, è giunto alla stessa conclusione sequenziando i geni degli anticorpi presenti nel sangue di 26 bambini, prima e a distanza di 40-50 giorni dall'infezione. Il team guidato da Velislava Petrova, immunologa del Wellcome Sanger Institute e dell'Università di Cambridge, ha trovato che le cellule immunitarie specifiche accumulate contro malattie già affrontate erano sparite dal sangue dei piccoli pazienti, riportato, inoltre, a uno stadio di immaturità paragonabile a quello dei neonati, con una capacità limitata di rispondere a nuove infezioni. «In questo senso, il morbillo non solo compromette l'immunità a patogeni che abbiamo già incontrato, ma limita anche le nostre risposte a nuovi patogeni» spiega Petrova a Focus.it.

«Tutto questo dura almeno per 50 giorni dopo la guarigione dai sintomi, anche se studi epidemiologici precedenti suggeriscono una maggiore incidenza di infezioni secondarie fino a cinque anni dopo il morbillo in alcuni individui: non abbiamo avuto la possibilità di testarlo direttamente, per una questione di limitato accesso ai campioni». Chi pensa che il morbillo sia un semplice esantema «dovrebbe vedere il numero di morti prima dell'introduzione del vaccino. Fino al 1963, il morbillo causava circa 2,6 milioni di morti all'anno. Nel 2017, nonostante la disponibilità di un vaccino efficace, le morti sono state 110 mila, soprattutto nei bambini sotto i cinque anni».

Anche i cetacei sono interessati da epidemie di morbillo che compromettono gravemente le loro difese immunitarie. © Shutterstock

Nell'uomo e non solo. I morbillivirus causano epidemie anche in altre specie animali: un'infezione analoga a quella del morbillo umano circola tra le foche, aiutata dai cambiamenti climatici e dalla fusione dei ghiacci, un'altra interessa i cetacei. «CeMV - un virus strettamente imparentato col virus del morbillo umano ed altamente patogeno per i cetacei, responsabile di drammatiche epidemie a livello planetario nel corso degli ultimi 30 anni - sostiene un'infezione che ricalca per molti aspetti il morbillo umano, in primis per la straordinaria capacità di deprimere in maniera consistente le difese immunitarie di delfini e balene infetti» spiega a Focus.it Giovanni Di Guardo, Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria all'Università di Teramo.

«Quello dell'amnesia immunitaria indotta dal virus del morbillo in pazienti umani costituisce un tema allarmante, rispetto al quale (anche) gli studi sul "Morbillivirus dei cetacei" ("Cetacean Morbillivirus", CeMV) potrebbero consentire di caratterizzare un ulteriore, prezioso modello animale di patologia comparata» continua Di Guardo, che ha segnalato il tema in una recente Letter to the Editor su Science. La questione è particolarmente importante per il «consistente impatto dell'infezione sulla salute e sulla conservazione di numerose specie e popolazioni di cetacei, già peraltro seriamente minacciate dall'uomo».

3 dicembre 2019 Elisabetta Intini
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