A quasi due anni dall'inizio della pandemia da covid, un articolo del World Economic Forum guarda ai più recenti dati IPSOS e tira le somme su quanto ci ha insegnato e come ci ha cambiato la crisi sanitaria.
1) La salute mentale è importante tanto quanto quella fisica. La covid ci ha reso più ansiosi, depressi, stressati, e le ricadute psicologiche sono state gravi soprattutto tra i giovani, i meno colpiti (fisicamente) dal virus. Purtroppo in Italia non tutti sembrano convinti dell'importanza del supporto psicologico: mentre in Lombardia è stata finalmente introdotta la figura dello psicologo di base, che affianca il medico di base, nell'ultima legge di bilancio del governo ancora una volta non ha trovato posto l'emendamento riguardante il bonus psicologo.
2) Compriamo (quasi) tutto online: siamo passati dall'accumulare lievito e carta igienica, a riempire il vuoto lasciato dalle restrizioni con beni di lusso, a dover fare i conti con un'inflazione esagerata (e tasche alleggerite). Ma se è vero che durante una crisi le abitudini dei consumatori cambiano diverse volte, ce n'è una che è arrivata per restare: l'abitudine a fare acquisti online.
3) Le disuguaglianze sono sempre più profonde: la pandemia non ha fatto altro che esacerbare differenze di tutti i tipi. Tra gli anziani, più deboli nei confronti del virus, e i giovani; tra le donne, che hanno dovuto provvedere alla cura dei figli (a discapito del lavoro) e gli uomini; ma anche tra bianchi e neri e, negli ultimi mesi, tra Paesi ricchi e Paesi poveri, questi ultimi penalizzati nella campagna vaccinale.
4) Facciamo meno figli: contrariamente a quanto ci si aspettava, la covid e gli iniziali lockdown non hanno favorito le nascite. In Italia nel 2021 sono nati 12.500 bambini in meno rispetto al 2020, quando già erano state registrate 15.000 nascite in meno del 2019. Anche la natalità in Cina è crollata ai minimi storici (nonostante ora il governo preveda incentivi per chi ha più di due figli). Di questo passo la crescita della popolazione mondiale potrebbe arrestarsi prima del 2050.


5) Ci stiamo isolando: la covid ci ha privato della libertà di muoverci senza pensieri, e ora viaggiare è diventato così complicato che in molti rinunciano. Siamo diventati più casalinghi, e non solo per quanto riguarda le vacanze, ma anche quando si tratta di uscire con gli amici o andare al ristorante – insomma, avere una vita sociale.
Se da un lato l'isolamento dei cittadini è la conseguenza (si spera momentanea) di mesi di restrizioni e timori causati dal diffondersi del coronavirus, dall'altro in molti Paesi si è creato un malcontento verso organizzazioni internazionali come l'OMS, condannata per essere troppo forte o, in alternativa, troppo debole, ed è aumentato il potere dei partiti politici che guardano all'interesse nazionale e mirano all'indipendenza produttiva (in particolare dalla Cina).
È in corso un processo di de-globalizzazione?
6) Non ci fidiamo dei politici: secondo l'indagine IPSOS 2021 sulle professioni maggiormente degne di fiducia (per approfondire), dopo la covid sono i medici i professionisti considerati più affidabili; se gli scienziati, normalmente i più degni di fiducia, mantengono comunque un ottimo secondo posto, quella che dovrebbe far riflettere è la posizione dei politici: in coda alla classifica.
7) Non facciamo abbastanza per contrastare la crisi climatica: all'inizio speravamo che la diminuzione delle emissioni di CO2 fosse un casuale e inatteso risvolto positivo della crisi sanitaria; dopo poco però è stato chiaro che anni di inquinamento non potevano essere cancellati da qualche mese di chiusura, e la COP26 tenutasi lo scorso novembre a Glasgow, ha restituito un quadro piuttosto tragico del futuro climatico del nostro Pianeta. Se non ci sbrighiamo ad agire, la prossima sfida per l'umanità potrebbe non riguardare la futura pandemia, ma la sopravvivenza della specie umana sulla Terra.