L'ultima notizia è recentissima e soprattutto bellissima: «L'ex pilota di Formula 1 tedesco Michael Schumacher è uscito dal coma indotto nel quale si trovava da sei mesi ed ha lasciato l'ospedale di Grenoble» ha annunciato oggi, 16 giugno, la sua manager Sabine Kehem. Mancano dettagli ulteriori, ma la notizia è certamente positiva.
Secondo alcuni giornali, Schumacher è stato trasferito al Centro ospedaliero universitario del Vaud, a Losanna, e sembrerebbe rispondere alle persone soltanto con il movimento delle palpebre. Purtroppo sul suo stato di coscienza ci sono solo voci e il comunicato della sua manager non ne parla.
Ma che cosa si deve aspettare ora Michael Schumacher?
«Ogni caso è a sé, ma – in media – per l’interruzione della sedazione ci vogliono diverse settimane [quella di Schumacher è iniziata a gennaio, Ndr]: da lì inizia una nuova fase, quella della neuro-riabilitazione, che può durare anche sei mesi o un anno» spiega Luigi Beretta, primario dell’Unità Operativa Anestesia e Terapia Intensiva Neurochirurgica dell’Ospedale San Raffaele.
Il coma farmacologico: uno “stand-by” che protegge il cervello
La scelta di tener “addormentato” un paziente vittima di un incidente o di un altro evento con possibili ripercussioni sul cervello – ad esempio un infarto o uno shock gravi – spesso non è facile da capire. L’obiettivo in realtà è molto semplice: mantenere il cervello in una condizione di consumo energetico quasi nullo, in cui il bisogno d’energia delle cellule è minimo e si limita a pochi compiti elementari. Si fa con farmaci ipnotici e barbiturici, uniti ad anestetici oppiacei, in dosaggi che variano da caso a caso. Sono questi a proteggere il cervello mentre i medici valutano i possibili danni e un piano per il recupero.
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Il risveglio e la diagnosi
Una volta raggiunta la stabilità intracranica, l’obiettivo si sposta in avanti: sull’interruzione del coma indotto, sulla valutazione dei danni cerebrali e sul recupero del paziente.
«In termini tecnici si parla di “svezzamento” dalla sedazione - spiega Beretta - È chiaro: non si tratta di schiacciare un pulsante, ma c’è una progressiva riduzione dei farmaci. E c’è un aspetto fondamentale da tener presente: i medicinali si accumulano nell’organismo del paziente e solo dopo che ne è sparita ogni traccia si può fare una valutazione neurologica attendibile».
Dunque ci vuole tempo e pazienza.
Un anno di attesa
Schumacher sarà lo stesso di prima? Troppo presto per dirlo perché «lo stato del paziente al termine di un coma farmacologico non è la fotografia finale delle sue condizioni di vita da quel momento in poi» ci spiega Beretta. In quel momento si vedono gli effetti del trauma.
Una volta finito l’effetto dei sedativi, gli strumenti di neuro-imaginig permettono di osservare il cervello in azione. Contemporaneamente, si osserva come il paziente risponde agli stimoli e alla “normale” riabilitazione.
Limiti
La cautela dei medici sul futuro di Schumacher è comprensibile perché il quadro non è ancora preciso e perché non tutti i danni cerebrali sono reversibili e a portata di riabilitazione.
È meno probabile recuperare un danno cerebrale quando la lesione è estesa e quando interessa aree decisive per il funzionamento del cervello. I più problematici sono i danni estesi che colpiscono il tronco encefalico e la corteccia cerebrale, le aree deputate alla coscienza, alla relazione con il mondo esterno.
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