Roma, 10 nov. (AdnKronos Salute) - Nella patria della dieta mediterranea la metà della popolazione è in sovrappeso o obesa. E ogni anno 57 mila persone muoiono per le complicanze di questa malattia, circa una ogni 10 minuti. Nel resto del mondo la situazione è anche più grave: a livello globale sono circa 1,5 miliardi le persone adulte sovrappeso e le proiezioni stimano che entro il 2020 circa 2,5 miliardi di adulti saranno in sovrappeso e 700 milioni obesi. Sono i dati diffusi al ministero della Salute, alla presentazione del primo position paper sull'obesità.
Un documento multidisciplinare realizzato da un advisory board coordinato da Michele Carruba, direttore del Centro di studio e ricerca sull’obesità dell’Università statale di Milano, in collaborazione con la Società italiana obesità (Sio), la Società italiana di chirurgia dell’obesità (Sicob), l’Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica (Adi) e l’associazione Amici obesi Onlus. L’iniziativa ha il patrocinio del ministero della Salute e dell'Istituto superiore sanità.
Il progetto è nato a seguito di un’indagine in Italia che ha permesso di comprendere come l’obesità, nel nostro Paese, non sia considerata una malattia, nonostante sia in continua crescita. Il documento fa il punto sulla diffusione dell’obesità in Italia e nel mondo, sui suoi gravi effetti sulla salute delle persone, sui costi per i sistemi sanitari pubblici e sulle soluzioni più efficaci per prevenirla e curarla. A conclusione del lavoro, ecco in sei punti i provvedimenti da adottare con urgenza, secondo gli esperti: considerare l'obesità una vera e propria malattia da inserire nei Lea; adottare nella pratica clinica dei medici di medicina generale la misura della circonferenza vita come parametro vitale utile nella lotta all'obesità, informando i pazienti sul reale rischio di questa malattia; promuovere la formazione di una rete organizzata di strutture pubbliche di assistenza ospedaliera con centri di riferimento costituiti da un team multidisciplinare.
E ancora: inserire ore obbligatorie di educazione alimentare a partire dalle scuole; promuovere la nascita e lo sviluppo di 'obesity unit' in cui sia presente un team multidisciplinare; contrastare l'ambiente obesogeno, incentivando le attività sportive e promuovendo stili di vita attivi. "Non bisogna pensare che l’obesità sia solo il frutto di scorrette abitudini negli stili di vita - ammonisce Michele Carruba, direttore del Centro di Studio e Ricerca sull’Obesità dell’Università degli Studi di Milano (CSRO) e coordinatore dell'advisory board - In realtà i fattori che entrano in gioco sono molteplici e tra questi vi sono, ad esempio, anche mutazioni genetiche che, essendo responsabili dell’alterato controllo sia dell'appetito sia del metabolismo, predispongono allo sviluppo della patologia".
"Per questo motivo è urgente che siano adottati provvedimenti urgenti affinché questa malattia, che, voglio sottolineare, è curabile, sia riconosciuta come tale e affrontata adeguatamente attraverso campagne di sensibilizzazione, piani di prevenzione ad hoc e percorsi diagnostico-terapeutici dedicati".
E contro i chili di troppo una soluzione arriva dal bisturi. "Uno dei trattamenti più efficaci nella cura dell’obesità - evidenzia Luigi Piazza, presidente della Società italiana di chirurgia dell’obesità e della malattie metaboliche - è rappresentato dalla chirurgia bariatrica. Si tratta di una soluzione che deve essere valutata caso per caso sulla base del grado di obesità e di comorbilità del paziente. Oltre a garantire un calo ponderale significativo e mantenuto nel tempo e un miglioramento delle condizioni di vita del paziente, la chirurgia bariatrica garantisce un notevole risparmio di costi per il Ssn". Un'analisi realizzata dal Centro di studio e ricerca sulla sanità pubblica dell’Università degli studi di Milano-Bicocca ha evidenziato che la chirurgia bariatrica ha comportato un guadagno per paziente di oltre tre anni di vita in condizioni di salute ottimale e una riduzione della spesa di 11.384 euro.