Salute

Mangiare da soli fa male alla salute? Rispondere è complicato

I pasti in solitaria sono spesso associati, nell'immaginario comune, a rischi per la salute fisica e psicologica. Ma il quadro offerto dalla ricerca scientifica sul tema è più complesso e articolato.

Alcuni non rinuncerebbero mai a una cena (ma anche a due o tre) da soli davanti a una serie TV, eppure sempre più spesso ci si imbatte in ricerche scientifiche che associano questa abitudine a condizioni come depressione, obesità, diabete, pressione alta e problemi cardiovascolari. Un'analisi della Oxford Economics su 8.000 persone citata dal Guardian suggerisce che pranzare o cenare da soli sia il più alto indicatore di infelicità in assoluto, se si escludono le malattie mentali.

Mangiare da soli può influire sulla quantità di cibo ingerito, spingerci a optare per pietanze molto grasse o molto caloriche - tanto non ci vede nessuno! - o influire negativamente sull'umore. Allo stesso tempo, però, le abitudini alimentari sono particolarmente complesse da studiare, perché legate alla cultura di appartenenza, alle condizioni socioeconomiche dei soggetti studiati e alla durata degli studi di questo tipo. La realtà scientifica è insomma un po' più complessa e variegata, e non inquadrabile soltanto con un titolo ad effetto.

Di chi si sta parlando? Molti studi si concentrano su campioni soltanto maschili o femminili, o solo su gruppi di persone di una specifica fascia d'età. Già così fa un'enorme differenza: se nei giovani adulti mangiare da soli è spesso legato ad abitudini alimentari più sane, nelle persone anziane è spesso spia di una condizione di solitudine che non risulta protettiva per la salute.

Che cosa viene prima? Difficile è anche definire il concetto di "frequente", o condurre una ricerca che includa un arco di vita significativo. In certi periodi, infatti, cenare da soli potrebbe essere il risultato, e non la causa, di cattive condizioni di salute: per esempio una persona sovrappeso o obesa potrebbe sentirsi in imbarazzo a mangiare in compagnia, per la quantità di cibo di cui sente di avere bisogno. In quel preciso momento di vita, la solitudine a tavola potrebbe essere la conseguenza di una condizione psico-fisica difficile.

Saper stare da soli è necessario. Ritrovarcisi a lungo termine, può essere nocivo. La scienza della solitudine © notnyt, Flickr

opposti risultati. Anche gli studi su numero di commensali e quantità di cibo ingerita non sono concordi. Se una ricerca ha trovato, da un lato, che gli uomini adulti che mangiano da soli sono più spesso sovrappeso o sottopeso, altre evidenziano che quando siamo in compagnia tendiamo ad abbuffarci di più. Senza contare che anche il tipo di persona con cui si mangia potrebbe influenzare l'esito del nostro pasto. Uno studio ha dimostrato che si tende a mangiare più pasta in presenza di un attore camuffato da persona sovrappeso, indipendentemente da cosa questa persona si mette nel piatto.

Per scelta o per forza. Poiché il momento e le modalità dei pasti sono strettamente influenzati dalla cultura di provenienza, e le risposte date in molti degli studi sul tema si basano su questionari di autovalutazione (quindi non sempre del tutto attendibili), è molto difficile scindere questo momento dalle condizioni psicologiche, familiari e sociali di partenza.

Il problema non sembra essere tanto il cenare da soli, ma il fatto di averlo scelto o meno: sentirsi soli al momento del pasto sembra portare alla scelta di alimenti più calorici e "consolatori", non importa se ci si trova nella cucina di casa o a un pranzo di lavoro. In altre parole una cena solitaria volutamente perseguita - e gustata - è ben diversa dal ritrovarsi abitualmente a tavola da soli, come spesso capita alle persone anziane.

21 luglio 2018 Elisabetta Intini
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