Salute

Lockdown e parti prematuri: quale lezione trarne?

Con i lockdown sono calati i parti prematuri: un ampio studio lo conferma e ora gli scienziati vogliono vederci più chiaro sul motivo.

Durante i mesi di lockdown nella primavera 2020 sono calati un po' dappertutto i parti prematuri, avvenuti cioè prima della 37esima settimana su 40 di gravidanza. Quello che prima era un forte sospetto, evidenziato da un paio di studi in Irlanda e Danimarca, è stato  ora confermato da un'ampia ricerca condotta da un gruppo di scienziati olandesi e pubblicata su The Lancet Public Health. L'analisi ha trovato un'associazione ancora più evidente tra la chiusura totale "causa covid" e la riduzione delle nascite pretermine, che possono comportare rischi aumentati per la salute dei bambini e le cui cause non sono state ancora del tutto chiarite.

Annate a confronto. Gli scienziati dell'Erasmus Medical Centre di Rotterdam hanno analizzato i dati su 1,5 milioni di bambini nati in Olanda tra il 2010 e il 2020, 56.000 dei quali venuti al mondo dopo il 9 marzo 2020, data ufficiale di inizio lockdown. I nati prematuri dopo quella data e durante i mesi di lockdown sono stati dal 15 al 23 per cento in meno rispetto allo stesso periodo negli anni precedenti. Il calo più significativo si è registrato nei quartieri più benestanti, ma una certa diminuzione è riscontrabile un po' in tutto il campione.

Possibili cause. La ricerca non ha specificato quali fattori abbiano inciso sulla diminuzione, ma il confronto con altri ricercatori che studiano queste dinamiche ha fatto comunque emergere alcune ipotesi. Il distanziamento fisico, l'isolamento, il mancato utilizzo dei mezzi pubblici, la chiusura delle scuole e una maggiore attenzione alle misure di igiene nei mesi di lockdown hanno probabilmente diminuito il numero di infezioni contratte (le infezioni sono una delle cause più frequenti di parti prematuri). Le future madri con la possibilità di lavorare da casa hanno potuto rallentare i ritmi spesso frenetici della normale routine - se non altro, quelli fisici: l'impatto del lockdown su stress e salute mentale non è infatti da sottovalutare.

Anche la riduzione dell'inquinamento dell'aria registrata durante i mesi di lockdown potrebbe aver avuto un ruolo positivo. L'esposizione all'inquinamento in gravidanza è stata infatti associata da studi precedenti anche al 18% del totale delle nascite pretermine, perché facilita l'ingresso di sostanze tossiche nella circolazione e aumenta la risposta infiammatoria dell'organismo.

La pandemia delle disuguaglianze. Nella migliore delle ipotesi, i neonati prematuri che mancano all'appello sono nati a termine e sani. Nella peggiore, come ricorda il New York Times, alcuni di essi potrebbero essere nati morti: la morte perinatale sfugge ai dati di screening neonatali analizzati nello studio e potrebbe essere il lato oscuro di questo tipo di ricerche.

In altre parole, se durante il lockdown si fossero verificate morti a ridosso del parto, queste non sarebbero visibili nelle analisi dei dati utilizzate.

Uno studio in un ospedale londinese ha registrato un incremento delle morti perinatali dopo l'inizio della pandemia (non dopo l'inizio del lockdown), per la riluttanza delle donne ad accedere agli ospedali o per infezioni da covid non diagnosticate. Le future mamme costrette a lavorare fuori casa potrebbero non aver goduto dello stesso diritto alla salute delle altre donne.

20 ottobre 2020 Elisabetta Intini
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