Sentito niente. Si chiama insensibilità congenita al dolore: è la condizione da cui è affetto il terribile killer che perseguita Lisbeth Salander nella saga dello scrittore svedese Stieg Larsson, Millennium, e che per questo motivo appare invulnerabile.
Esiste davvero, anche se è molto rara, ed è provocata da due differenti mutazioni, una ereditata dal padre e una dalla madre, ciascuna benigna se presa singolarmente, ma la cui combinazione dà luogo alla singolare situazione di rendere insensibili agli stimoli dolorosi. Le mutazioni genetiche sono state scoperte da ricercatori che hanno iniziato a studiare alcune famiglie pakistane dopo essere venuti a conoscenza di un bambino che si esibiva in strada ferendosi con coltelli e camminando sui carboni ardenti. Fino a che è stato scoperto il gene responsabile (qui ne parla Focus.it), quello che regola un meccanismo biochimico chiamato Nav 1.7. Un gigante dell’industria farmaceutica, la Roche, sta lavorando su queste scoperte nel tentativo di creare una nuova classe di antidolorifici, più efficaci o con meno effetti collaterali. I trial clinici sono per ora nelle fasi iniziali.
Ossa dure. Nel 2010, come racconta questo articolo in inglese, un ricercatore che studiava una popolazione di sudafricani con origini olandesi in cui molti membri avevano anomalie alle ossa, chiese in un incontro pubblico se qualcuno di loro aveva mai avuto un incidente. Un uomo alzò la mano per raccontare: “stavo attraversando la strada con mio fratello quando una Mercedes ci è venuta addosso”. E che cosa è successo? “Avresti dovuto vedere la Mercedes” è stata la risposta.
La sclerosteosi porta a una formazione eccessiva di tessuto osseo, in pratica per tutta la vita la massa ossea aumenta, invece di diminuire come avviene normalmente. Le persone che ne sono colpite sono prive di una proteina che agisce da freno per la crescita delle ossa. Questa anomalia, per i cui portatori il vantaggio di ossa più resistenti è purtroppo controbilanciato da seri problemi (per esempio la compressione dei nervi cranici, sordità, gigantismo), interessa molto ai ricercatori. Il ragionamento è che se si riuscisse a bloccare la stessa proteina in pazienti con osteoporosi si potrebbe contrastare la perdita di tessuto osseo che caratterizza la malattia, un tentativo su cui sta al momento lavorando la società biotecnologica Amgen.
Se il colesterolo non è un problema. Ci sono persone che non devono mai preoccuparsi del colesterolo alto: la mutazione genetica di cui sono portatrici tiene sotto controllo a vita i loro livelli. Tutto è dovuto a un gene chiamato PCSK9, di cui si è cominciato a parlare poco più di una decina di anni fa: i ricercatori hanno scoperto, oltre a famiglie in cui il colesterolo è costantemente elevato fin da giovani per una mutazione di questo gene, altre in cui rimane sempre basso, di nuovo per una mutazione legata allo stesso gene.
È stato subito evidente che poteva trattarsi di un bersaglio perfetto per un farmaco anticolesterolo, e diverse aziende farmaceutiche ci stanno oggi lavorando, tanto che è a buon punto la sperimentazione di una classe di medicine chiamate inibitori della PCSK9.
Aids sotto controllo. Sono alcune decine i casi documentati di persone che si sono infettate con il virus dell’Aids, ma che non si ammalano. In gergo vengono chiamati élite controllers: per motivi ancora non ben chiariti, riescono a controllare con il proprio sistema immunitario la replicazione del virus, che rimane presente nel loro organismo ma non si riproduce, come invece normalmente avviene per la maggior parte delle persone infettate dall’Hiv.
Sono casi interessanti per la ricerca, per cercare di “copiare” il metodo con cui il sistema immunitario sortisce l'effetto di tenere a bada il virus, e trasformarlo in un farmaco o in un vaccino. Un caso che fece scalpore tempo fa fu quella della cosiddetta “bambina del Mississipi”, in cui purtroppo la malattia è ripartita dopo che era sembrata sparita per due anni. Un caso ancora più interessante è quello riportato di recente, di una ragazza che da dodici anni non prende farmaci e rimane per ora libera dalla malattia, anche se i ricercatori sottolineano che non si tratta di "guarigioni", ma di remissioni, per quanto durature.
Tra le ipotesi per spiegare questi casi c’è quella che l’infezione sia avvenuta con una forma “indebolita del virus, o che con un trattamento molto precoce il sistema immunitario riesca in alcuni casi a montare una risposta molto potente contro il virus e a tenerlo sotto controllo.
Resistenti alla mucca pazza. C’è chi non si ammala del morbo della mucca pazza grazie a una mutazione genetica che lo rende resistente. Gli scienziati l’hanno scoperta studiando una tribù della Papua Nuova Guinea , quella dei Fore, che fino a non molti anni fa era dedita al cannibalismo, e i cui membri sono stati decimati negli anni Cinquanta da una malattia simile a quella che quindici anni fa aveva messo in allarme l’Europa.
I membri di questa tribù - si è scoperto - erano affetti da una malattia della stessa famiglia del morbo della mucca pazza, chiamata kuru, che contraevano mangiando parti del cervello dei defunti, una forma di cannibalismo rituale. Tra i sopravvissuti all’epidemia che a metà del secolo scorso colpiva i villaggi sembra non esserci più casi di kuru e i ricercatori si sono messi a studiare se ci fosse una mutazione che conferiva una particolare resistenza.
La mutazione è stata trovata: si tratta del cambiamento di una sola “lettera” nella sequenza di 253 che costituiscono le istruzioni per la costruzione dei prioni, le proteine infettive all’origine della malattia. Una mutazione interessante su cui è puntata l’attenzione, anche alla luce dei sempre più numerosi indizi secondo cui i prioni potrebbero essere all’origine di malattie neurodegenerative molto più comuni della kuru o della mucca pazza, come il morbo di Azheimer.