Promosse dal marketing come alleate della linea, le bibite "diet" sarebbero in realtà l'anticamera di problemi di peso e diabete, e starebbero contribuendo all'epidemia di obesità globale.
A dirlo è uno studio pubblicato la scorsa settimana su Plos One, che per 10 anni ha confrontato i regolari consumatori di bevande "light" con volontari che non assumevano bibite diet o dolcificanti artificiali. I primi sono risultati più pesanti e con una maggiore circonferenza vita rispetto agli altri. In altre parole, queste bevande favorirebbero l'accumulo di grasso addominale, un forte fattore di rischio per le malattie cardiovascolari.
Diabete. Allo stesso risultato era arrivata una ricerca del 2008 condotta su oltre 3.600 persone, che associava le bibite diet a un rischio doppio di sovrappeso e obesità. E non è l'unico problema: un altro studio del 2015, pubblicato sul British Medical Journal, dimostra che le bibite diet, così come quelle normalmente zuccherate, sono associate a un rischio aumentato di diabete di tipo 2.
Ambigui. Interpretare questi studi non è semplice, perché spesso le ricerche sulle bevande light mettono in relazione il loro consumo con quello di bibite zuccherate, e chi passa da queste ultime a quelle "light" spesso registra una lieve diminuzione di peso.
Grassi in partenza. C'è anche un altro problema: studi osservazionali (cioè ricerche in cui ci si limita a osservare e registrare dati, senza intervenire attivamente con esperimenti) dimostrano che a consumare bibite diet sono spesso persone già con problemi di peso, un dato che negli studi va tenuto in considerazione.
Ma perché queste bevande dovrebbero far ingrassare?
In attesa di una risposta definitiva ci sono alcune, valide ipotesi. La prima è l'"effetto compensazione". Se a pranzo bevete una Coca diet, a cena potreste essere più indulgenti con voi stessi e concedervi più facilmente un gelato. E a furia di premiarsi, si finisce per mangiare di più.
Inganno. Altri studi, condotti per ora solo sui topi, associano i dolcificanti a disturbi della flora intestinale e, di conseguenza, a problemi metabolici.
C'è poi un filone di ricerca che si concentra sul rapporto tra dolcificanti e cervello: da un lato il sapore dolce, che provenga da zucchero naturale o meno, induce appetito per altri dolci; dall'altro, alcuni piccoli studi dimostrano che il sucralosio (un dolcificante artificiale) provoca un picco di insulina che non porta, però, a un calo dei livelli di glucosio nel sangue.
Dove sono gli zuccheri? Di norma quando mangiamo qualcosa di dolce, l'organismo risponde rilasciando ormoni, come l'insulina, che facilitano il metabolismo di quelle calorie.
Se però introduciamo zuccheri artificiali, il corpo si prepara a bruciare calorie che, però, non arrivano.
«È come se l'organismo dicesse: aspetta un attimo, l'ultima volta che ho assaggiato qualcosa di dolce, poi non è arrivato niente. Questa volta non so che cosa accadrà, quindi non mi preparo a metabolizzare così tanta energia» spiega a Vox Susan Swithers, Professoressa della Purdue Univerisity che studia gli zuccheri artificiali. Si impedisce all'insulina di agire come dovrebbe, la base dell'insulino-resistenza, la bassa sensibilità delle cellule all'insulina che può portare al diabete mellito di tipo 2.
Occhio all'alternativa. Insomma rimpiazzare gli zuccheri veri con quelli artificiali potrebbe sortire, sul nostro corpo, effetti negativi non ancora del tutto chiari. Chiarito ciò, non è che le bevande zuccherate facciano meglio. La migliore alternativa rimane, come sempre, l'acqua.