Salute

Le 4 ragioni del boom di epidemie su larga scala

I fattori che stanno contribuendo alla diffusione di emergenze sanitarie che sembrano fuori controllo, nonostante i progressi della scienza medica.

Zika, Ebola, MERS, influenza suina... se avete l'impressione che gli ultimi 10 anni siano stati costellati di emergenze epidemiche mondiali non vi sbagliate.

Tuttavia, non è solo un fatto mediatico, come si potrebbe supeficialmente pensare: è vero che viviamo in un mondo bombardato di notizie, e che se qualcosa avviene dall'altro capo del pianeta, lo sappiamo in pochi minuti.

Ma le epidemie sono diventate più frequenti. Soltanto nell'ultima decade, l'OMS ha dichiarato quattro emergenze pubbliche globali, due delle quali (Ebola e Zika) solo negli ultimi due anni (le altre sono l'influenza suina, nel 2009, e un'epidemia da poliovirus, nel 2014).

La prova? Uno studio del 2014 della Royal Society, ripreso da Vox, che dimostra come gli scoppi di epidemie mondiali siano divenuti più frequenti, negli ultimi tempi, anche nei casi in cui virus e batteri responsabili circolavano già da mezzo secolo.

Quali sono i motivi di questa rinnovata stagione epidemica? Principalmente, i quattro qui elencati.

1. il mondo è più interconesso. Si viaggia, ci si sposta per lavoro e si commercia di più oggi che in qualunque epoca storica prima d'ora. Grazie alla facilità con cui si sale su un aereo, un viaggiatore inconsapevole può portare un ceppo mortale di influenza aviaria dalla Cina all'Europa in 24 ore. La rottura dell'isolamento e i continui interscambi tra continenti favoriscono anche la circolazione di flora e fauna, e con queste di virus, funghi e batteri.

Il numero medio di passeggeri delle compagnie aeree per decennio. © Tropical Medicine and Health via Vox

Era già successo nei primi decenni del 1300, quando il successo della navigazione aveva favorito la diffusione della peste; e tra XVI e XVII secolo, quando la tratta degli scavi introdusse la zanzara Aedes aegypti (che veicola Zika, dengue e febbre gialla) dall'Africa occidentale alle Americhe.

In terra straniera, i patogeni trovano sistemi immunitari più fragili e suscettibili, e strutture sanitarie non preparate a gestire l'emergenza. Questo è il motivo per cui Ebola ha colpito così duramente in Africa occidentale e non, per esempio, in Uganda. Guinea, Liberia e Sierra Leone erano totalmente impreparate a gestire l'epidemia, che invece la parte orientale del continente conosceva bene: così in Uganda si sono prese tutte le misure necessarie per fronteggiare l'infezione, che ha colpito soltanto una dozzina di persone.

2. Più della metà della popolazione mondiale vive in città. E non in capitali pulite e curate come quella di Svizzera e Nord America, ma soprattutto in megalopoli in cui l'urbanizzazione procede selvaggia, senza piani regolatori. Ecco perché il virus Zika ha attecchito in America Latina. Non solo il Brasile era un terreno nuovo, per la zanzara-vettore; il Paese è anche costellato di metropoli in evoluzione, ambienti in cui l'insetto ha trovato il terreno ideale di riproduzione.

In America Latina, 113 milioni di persone vivono negli slum, dove spesso manca acqua corrente e si tengono scorte idriche stagnanti vicino a casa (in cui la zanzara si annida). Inoltre, il boom di popolazione mondiale ha fatto sì che sempre più spesso si occupino aree un tempo popolate soltanto di animali, o che si portino in ambienti urbani specie che un tempo erano limitate alle campagne. Tre quarti delle nuove epidemie emergenti sono veicolate da animali.

Un bambino seduto su un container per l'acqua in una favela di San Paolo, Brasile. © Nacho Doce/Reuters

3. La povertà dilagante rende le epidemie più aggressive. Se un virus o un batterio colpiscono un sistema sanitario già debole e povero di risorse, si diffondono a macchia d'olio (e mietono più vittime). Ogni cittadino statunitense contagiato da Ebola e curato negli USA è sopravvissuto, mentre in Africa occidentale, l'infezione ha causato circa 11 mila decessi. Nel grafico qui sotto, tratto da Vox, potete vedere il numero di medici ogni 100 mila pazienti nei tre paesi più colpiti da Ebola.

Il numero di medici ogni 100 mila abitanti, nelle tre nazioni più colpite da Ebola. © Vox

Una situazione analoga si sta verificando anche in Angola, con un'epidemia di febbre gialla che ha già contagiato 2500 persone, uccidendone 300; in altri contesti, sarebbe stata facilmente arginata. La povertà interviene anche a monte: molte infezioni si possono prevenire con vaccini, ma affinché questi funzionino è necessario che la maggior parte della popolazione venga immunizzata (e che i preparati siano trasportati e conservati nelle giuste condizioni di igiene e temperatura).

4. Il global warming favorisce la diffusione di epidemie. Un rapporto pubblicato su Lancet nel giugno 2015, e firmato dai maggiori esperti mondiali di salute ambientale, sostiene che il rialzo delle temperature che la Terra sta vivendo, e il suo impatto su 9 miliardi di persone, potrebbero minare i progressi raggiunti in termine di salute pubblica negli ultimi 50 anni.

Le alte temperature incoraggiano la diffusione di vettori come le zanzare Aedes, che richiedono ambienti umidi e caldi. Anche altre epidemie come influenza aviaria, colera e malattia di Lyme (quest'ultima provocata da una puntura di una zecca) stanno vivendo nuova fortuna grazie al rialzo delle temperature.

Le situazioni di allerta epidemica nel mondo: 694 soltanto la scorsa settimana. © Healthmap via Vox

Nonostante questo... Stiamo diventando più bravi a controllare le epidemie. Come sottolinea lo stesso studio da cui abbiamo tratto le motivazioni qui sopra, i progressi raggiunti grazie all'avanzamento delle tecnologie mediche (dalla diagnostica ai vaccini) stanno permettendo di migliorare il controllo delle grandi epidemie.

Abbiamo invece fallito nella cura dei sistemi sanitari pubblici: una "polizza per la vita" in cui bisogna investire anche in periodi relativamente tranquilli, per essere pronti in caso di emergenza. In questo, in più di un'occasione, ci siamo fatti cogliere impreparati.

Perché la medicina di precisione o le più avanzate tecniche di "taglia e cuci" genetico possono poco, di fronte a sistemi sanitari al collasso.

4 giugno 2016 Elisabetta Intini
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