La vitamina C, somministrata per via endovenosa in quantità equivalenti a quelle contenute in 2000 (duemila!) arance, potrebbe costituire un’arma in più nell’arsenale delle terapie contro il cancro. È quanto ipotizza uno studio pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine: alte dosi di vitamina C renderebbero più efficace la chemioterapia e allevierebbero i suoi effetti collaterali.
Non è certo la prima volta che la vitamina C viene tirata in causa come possibile terapia antitumorale. Alla fine degli anni ’70, Linus Pauling, due volte vincitore del premio Nobel (per la chimica nel 1954 e per la pace nel 1962) sosteneva che alte dosi di acido ascorbico, altro nome del composto, erano in grado di prevenire o trattare molti tipi di tumore. Quella di Pauling è stata una vera e propria ossessione sui benefici dell’acido ascorbico. Ma gli studi clinici organizzati per verificare la sua teoria non hanno mai trovato alcun risultato positivo. Da allora la vitamina C è stata abbandonata dalla medicina ufficiale, anche se trova ancora cittadinanza, più che altro come terapia di supporto, nella medicina alternativa.
Altissime dosi
Nel nuovo studio, Qi Chen e colleghi della University of Kansas hanno prima esaminato l’effetto dell’acido ascorbico in laboratorio su linee cellulari di vari tumori (su cui ha dimostrato un effetto tossico), poi l’hanno somministrato per via endovenosa e a dosi altissime, da dieci a cento volte superiori a quelle normalmente presenti nell’organismo, a topi in cui erano stati indotti tumori dell’ovaio, e trattati con farmaci chemioterapici classici, il carboplatino e il paclitaxel. Negli animali alla cui chemioterapia era stata aggiunta la vitamina C i tumori si sono ridotti assai più che in quelli sottoposti alla sola chemioterapia.
Il trattamento è stato sperimentato anche su un piccolo gruppo di malati di cancro in fase avanzata, 25, sottoposti a chemioterapia, per vedere se la vitamina C ad alte dosi era tollerata. Apparentemente sì: i pazienti non avuto effetti collaterali dalla vitamina, ma hanno sopportato meglio la chemioterapia, dichiarando di avere avuto meno nausea e fatica.
Di nuovo sotto esame
Sulla base di questi risultati promettenti, gli autori dello studio sostengono che il caso della vitamina C come trattamento anticancro vada riesaminato. La mancanza di efficacia emersa nei vecchi studi – sostengono – potrebbe essere dovuta al fatto che la vitamina era somministrata per via orale. In questo modo, solo una piccola quantità viene assorbita dall’intestino, ma la maggior parte viene eliminata dai reni. La somministrazione per via endovenosa, invece, riesce a far salire la concentrazione di acido ascorbico nel sangue a livelli impossibili con l’assunzione orale.
Non è neppure chiaro in che modo la vitamina C svolga la sua azione, e anche questo ha contribuito alla scarsa fiducia che potesse davvero funzionare. L’acido ascorbico è noto per essere un antiossidante, cioè una molecola che combatte l’azione dei radicali liberi. Proprio per questo motivo, si è ragionato che il suo effetto logico dovrebbe essere di indebolire l’efficacia della chemioterapia boicottando il suo effetto ossidante sulle cellule tumorali. Da questo studio sembrerebbe esattamente l’opposto.
Gli scienziati ipotizzano che la vitamina C somministrata in vena e ad alte dosi agisca in realtà proprio come ossidante, cioè aiuti le sostanze chemioterapiche nell’opera di danneggiamento delle cellule tumorali, risparmiando però quelle sane.
Interrogativi che andrebbero sciolti con altri studi. Il problema è chi potrebbe essere interessato a finanziarli, dato che la vitamina C costa poco e non è brevettabile. L’unica è che, come chiedono gli autori dello studio, entrino in gioco enti pubblici.