Salute

La storia di Nkatha, vittima a 9 anni, che oggi vuole diventare medico Vittime 125 mln di donne nei Paesi più colpiti, per Oms 'nessun beneficio a salute'

Domani Giornata mondiale, da associazione Plan appello a Governo per impegno a eliminarle

Milano, 5 feb. (AdnKronos Salute) - "Una parte del mio corpo è stata rimossa contro la mia volontà, i miei diritti sono stati violati". Nkatha, dal Kenya, racconta così la mutilazione genitale che fu costretta a subire "per volere della nonna. Un dolore acuto che mi accompagnò per giorni. A 14 anni iniziai a riflettere su quella violenza" e "ho minacciato mia nonna di denunciarla se farà la stessa cosa alla mia sorellina". E' una delle tante storie raccolte da Plan, ente no profit internazionale impegnato nella tutela dell'infanzia nei Paesi poveri e attivo anche in Italia, dove sono "almeno 50 mila" le bambine vittime di Mgf. In occasione della Giornata internazionale per combatterle, che si celebra domani 6 febbraio, l'associazione rinnova la sua petizione al Governo italiano.

"Le Mgf seguono il flusso migratorio, per cui in Europa vi sono moltissimi casi e purtroppo l'Italia ne detiene il primato", spiega Plan che lancia il suo appello all'Esecutivo: "Si impegni ad affrontare la sfida della riduzione ed eliminazione delle Mgf in Italia e in tutti i Paesi in cui vengono ancora praticate, mediante leggi e sanzioni rigorose per i trasgressori e l'istituzione di assistenza sanitaria gratuita per tutte le vittime che soffrono per le complicanze, favorendo, inoltre, la diffusione di informazioni sul tema insieme alla condivisione di esperienze che dimostrano l'efficacia dell'abbandono delle Mgf". Si può firmare la petizione online su www.plan-italia.org, cliccando sulla sezione 'Because I am a girl' e scegliendo la voce 'Le mutilazioni genitali femminili'.

Secondo i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità, oltre 125 milioni di bambine e donne convivono oggi con le conseguenze fisiche e psichiche di una mutilazione genitale. Le vittime vivono in 29 Paesi in Africa e in Medio Oriente. In Egitto, Eritrea, Mali, Sierra Leone e nel nord del Sudan, in particolare, il fenomeno tocca quasi la totalità della popolazione femminile (più dell'80%). La pratica - dalla clitoridectomia all'escissione anche delle piccole labbra e/o delle grandi, all'infibulazione (asportazione massiccia, seguita dalla cucitura della vulva) - "non ha alcun beneficio per la salute", precisa l'agenzia Onu per la sanità. Viene inflitta dall'età infantile fino ai 15 anni d'età, eseguita nella maggior parte dei casi da "circoncisori tradizionali", ma sempre più spesso anche da medici e operatori sanitari (18% dei casi).

"A volte vi è uno spiraglio che fa intravedere una luce", sottolinea Plan Italia: è notizia recente, ricorda, che "in Egitto un medico è stato condannato dal tribunale per la morte di Soheir El-Bataa, deceduta a 13 anni a causa delle complicanze insorte dopo essere stata mutilata.

Il tribunale ha condannato il medico a 2 anni per omicidio colposo e a 3 mesi per aver praticato la mutilazione genitale femminile. Anche il padre della bambina è stato condannato per lo stesso reato e la clinica del medico è stata chiusa per un anno. La sentenza è stata definita 'storica' e questo è stato il primo caso di Mgf ad avere avuto un processo. Nel 2008 in Egitto le Mgf sono state proibite, tuttavia rimangono una pratica molto radicata nella popolazione: oltre 9 bambine su 10 vengono mutilate".

Il problema è molto più vicino a noi di quanto non si pensi. "Anche nella tranquilla e civile Inghilterra - evidenzia Plan Italia - un medico di 32 anni, Dhanuson Dharmasena, è sotto processo per aver praticato la mutilazione a una donna: il fatto risale al novembre 2012 quando una donna di 24 anni, residente inglese ma di origini somale e che subì nel suo Paese la Mgf a 6 anni, dopo il parto fu ricucita dal medico praticandole ancora la mutilazione su insistenza del marito".

"Chiesi a mia madre perché non si oppose - racconta ancora Nkatha che ha chiesto aiuto a Plan Kenya - e lei mi disse che non voleva andare contro le norme della comunità". La ragazzina ha rischiato di lasciare la scuola, ma poi ha deciso di continuare gli studi perché vuole diventare dottoressa. "A 9 anni la bambina era troppo piccola per capire cosa le stava succedendo - spiega Tom Okeyo, responsabile dei programmi di Plan Kenya e che lavora nell'area di Tharaka Nithi dove vive Nkatha - Ragazzine come lei hanno bisogno di assistenza psicologica per superare l'esperienza traumatica vissuta e far fronte alle tremende conseguenze dovute alla mutilazione". A novembre 2014 Plan ha raggiunto 280 bambine e 350 ragazzi tramite corsi di formazioni sulle mutilazioni genitali femminili.

5 febbraio 2015 ADNKronos
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