Salute

La scienza del raffreddore

Tredici consigli e curiosità sul raffreddore per conoscere e combattere il più fastidioso mal di stagione.

Con un’avvertenza: non è detto che le risposte siano definitive.

1. Quanti sono i raffreddori?
Anche se perfino gli scienziati parlano del «virus del raffreddore», a causare il malanno sono cinque famiglie di virus. I più comuni, responsabili del 30-40 per cento dei raffreddori, sono i Rhinovirus, di cui esistono circa duecento varietà geneticamente distinte.

2. Quante volte si prende?
In media gli adulti prendono tra due e quattro raffreddori l’anno, i bambini tra sei e otto. Considerando solo i Rhinovirus, e calcolando per ogni raffreddore una durata di una settimana, sono in totale almeno cinque anni di moccio e starnuti in una vita. I virus del raffreddore vivono solo nel naso degli esseri umani, non negli animali, a parte gli scimpanzè e altri primati.

3. Si può prendere in estate?
I virus del raffreddore sono diffusi a ogni latitudine e longitudine, ma sono stagionali. La stagione del raffreddore parte con un’escalation all’inizio dell’autunno, va avanti per tutto l’inverno fino a un nuovo picco a metà primavera. In estate, che sia gennaio in Australia o luglio in Siberia, il raffreddore quasi scompare.

4. Prendere freddo fa venire il raffreddore?
È un’idea antica e intramontabile. In molte lingue la parola che indica la malattia ha qualche riferimento alle basse temperature: oltre all’italiano «raffreddore, lo spagnolo «resfriado», l’inglese «cold», il termine hindi «sardi».

La scienza per ora non ha però trovato prove in supporto di questa convinzione. Anzi, prendere freddo non sembra aumentare il rischio di beccarlo, e neppure avere influenza sulla gravità della malattia.

Uno dei primi studi in materia risale a sessant’anni fa: ricercatori che oggi probabilmente verrebbero giudicati sadici lasciarono un gruppo di volontari al calduccio, mentre lasciarono altri, dopo un bagno, nudi per un’ora e mezza in un corridoio pieno di correnti. Poi li fecero rivestire, indossando però calzini umidi per diverse ore. A tutti fu inoculato un virus del raffreddore. La percentuale di quelli che lo presero fu la stessa nel gruppo rimasto al caldo e in quello al freddo.

5. Come si trasmette?
Ai tempi della prima guerra mondiale, i ricercatori dimostrarono quello che oggi pare ovvio: se si prende un concentrato di secrezioni nasali da una persona col raffreddore e si mettono nel naso o negli occhi di un’altra, anche alla seconda viene il raffreddore. Capire come avviene il contagio nel mondo reale è molto più complicato.

6. Il virus circola nell’aria?
Forse. Anche se uno starnuto lancia particelle di saliva, e i germi eventualmente contenuti, alla velocità di un centinaio di chilometri l’ora nel raggio di metri, non sembra provato che il contagio possa avvenire attraverso l’aria. Negli anni ’50 si provò a dimostrarlo ma senza risultato. Perfino un bacio non sembra un modo di trasmissione efficace. Tosse e starnuti sono mezzi di trasmissione teoricamente possibili, ma non sembrano il modo privilegiato con cui il virus si diffonde.

Se vi piacciono... ecco i virus al microscopio
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7. Chi ha studiato il raffreddore?
Nel Sud dell’Inghilterra, vicino a Salisbury, fu istituita nel 1946 la Common Cold Research Unit, per studiare il raffreddore e ridurre i costi associati al malanno (guarda il video dell'epoca).
I ricercatori reclutavano volontari per gli studi con annunci sui giornali locali. Dietro un piccolo compenso, i volontari vivevano in isolamento per una decina di giorni, liberi però di passeggiare nella bellissima campagna della zona, con vitto e alloggio pagato, e intanto si prestavano ad alcuni dei più curiosi esperimenti.
Considerati i tempi, per molti era una vacanza. Parecchie delle conoscenze che abbiamo sul raffreddore sono state ottenute qui.

8. Come si attacca il raffreddore?
In un singolare esperimento nel dopoguerra, Christopher Andrewes, della Common Cold Research Unit, attrezzò un volontario con un apparecchietto che faceva colare dal naso un liquido contenente un colorante fluorescente in quantità simili al muco in un normale raffreddore. Il volontario fu lasciato con altre persone in una stanza, a chiacchierare, mangiare, giocare a carte.

Ogni 5 minuti - in media - ci portiamo le mani al viso 3 volte. In un’ora ci tocchiamo il naso 5 volte. E così è più facile infettarci con il virus del raffreddore.

Dopo alcune ore, la stanza venne illuminata con la luce ultravioletta per vedere quanto si era diffuso il colorante fluorescente.

Con sorpresa degli scienziati, era sparso ovunque: dal viso delle persone alle loro mani, dal cibo alle carte da gioco. Nella catena della trasmissione del raffreddore, il ruolo fondamentale pare giocato dalle mani. E altri studi successivi lo hanno confermato. Ma le cose non quadrano mai fino in fondo, quando si tratta di raffreddore.

Uno studio dell’inizio degli anni ’80, l’esperimento dei giocatori di poker, ha provato a verificare se, impedendo che i volontari sani impegnati in una maratona di poker con altri raffreddati si toccassero il viso, si poteva evitare il contagio. Più della metà l’ha preso comunque, stessa percentuale di chi era libero di usare le mani. Un risultato che lascia ancora perplessi gli scienziati.

9. Dove e quanto vive il virus?
In uno studio del 1973, come riporta il medico e scrittore Atul Gawande in un articolo sulla rivista New Yorker, il virus è stato trovato vivo dopo tre ore in gocce di muco fatte seccare su tessuti di nylon, lana, seta, su ripiani in formica, acciaio, legno e sulla pelle.
Il virus sembra sopravvivere bene sulla maggior parte delle superfici non porose, ma stranamente non sui fazzoletti in cotone o di carta. Se i partecipanti allo studio toccavano le superfici contaminate, tra cui le mani delle altre persone, prendevano il raffreddore nel 60 per cento dei casi. Insomma, non c’è neppure bisogno del contatto diretto.

Il massimo della contagiosità del raffreddore si ha nei primi tre giorni, quando la concentrazione del virus nelle secrezioni nasali è la più alta.

Virus di cristallo
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10. Come si può evitare di prendere il raffreddore?
Il consiglio degli esperti è di lavarsi spesso le mani, e non toccarsi la faccia, il naso o gli occhi. Però è più facile da dire che da fare. Come riporta la giornalista Jennifer Ackerman che ha scritto un libro sul raffreddore (Ah-choo! The uncommon life of your common cold), in media ci portiamo le mani al viso tre volte in cinque minuti, e in un’ora ci tocchiamo il naso cinque.

11. Essere ko per un semplice raffreddore è sintomo di un sistema immunitario indebolito?
A lungo si è pensato che i sintomi del raffreddore fossero dovuti all’azione distruttiva del virus sulle cellule del naso e della gola. Ora si sa che starnuti, tosse e secrezioni nasali sono la risposta infiammatoria del nostro corpo al virus. Le sostanze chimiche prodotte dal sistema immunitario infiammano le cellule e i tessuti delle vie aeree, provocando naso che cola, gola gonfia, tosse, starnuti.

Sarebbe perfino possibile creare tutto l’insieme dei sintomi del raffreddore senza il virus, ma con un potente mix di mediatori dell’infiammazione, le sostanze che il corpo produce per combattere anti-infiammatorie.

Paradossalmente, quindi, i sintomi del raffreddore sono il segno di una forte reazione dell’organismo all’infezione.

12. Fa male fare attività fisica quando uno ha il raffreddore?
Si può adottare una regola semplice per decidere se cancellare o no la corsetta o la lezione in palestra: se i sintomi sono dal collo in su, naso intasato, leggero mal di gola, una leggera attività fisica non è da evitare. Se i sintomi sono dal collo in giù, tosse, dolori muscolari, congestione ai bronchi, meglio rimandare.

13. Quali sono i rimedi?
Per curare il raffreddore, nonostante gli studi e le ricerche, non si sono ottenuti risultati degni di nota. Jack Gwaltney, riconosciuto come uno degli esperti mondiali sul raffreddore, adotta la strategia di prendere, ai primi sintomi e ogni dodici ore, la combinazione di due farmaci: un antinfiammatorio non steroideo, tipo ibuprofene, e un antistaminico di vecchia generazione, quelli che facevano venire la sonnolenza. Non curano il raffreddore ma alleviano i sintomi in attesa che passi.

O, come suggerisce Ackerman, si può semplicemente prendersela comoda. In fondo, oggi, un bel raffreddore è una delle poche opportunità per concedersi qualche ora di indulgenza: rallentare dal lavoro o dedicarsi alla lettura di un bel libro o dell'ultimo numero di Focus.

28 novembre 2013 Chiara Palmerini
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