L'assistenza sanitaria pubblica viene promossa da due italiani su tre rispetto a quella privata. I motivi sono essenzialmente due: i costi più competitivi e la garanzia di accesso per i pazienti. Si conferma, invece, il punto debole: la lunghezza delle liste di attesa (il 57% dei casi) motivo principale per cui si finisce per ricorrere al privato.
È quanto emerge dalla ricerca Il cuore degli italiani da Demos e Atbv (gruppo di studio aterosclerosi e trombosi) sulla percezione della salute dei cittadini italiani (e che si sofferma in particolare su pazienti che soffrono di malattie cardiovascolari).
Perché conviene
Nel dettaglio, di rileva che il 65,1% degli italiani dichiara di essere molto o abbastanza soddisfatto della sanità pubblica contro il 34,3%. Gli intervistati confermano i seguenti motivi: la sanità pubblica è più conveniente (per il 54% della popolazione contro 17,3% del privato), è più equa perché c'è maggiore garanzia di accesso per tutti (53% contro l'11,6% del privato) e il servizio è più completo per tutti i problemi sanitari (34,2% contro il 27,6% del privato).
Perché medici e infermieri sono competenti. Promossi anche medici e infermieri. In particolare: dei medici di famiglia si fida l'80,7% degli intervistati, dei medici ospedalieri il 78,3%, degli infermieri il 77,5%. Scende al 55,3% la fiducia nella guardia medica, si mantiene al 77,7% quella nei medici specialistici privati.
Perché è un diritto di tutti.
Tutti motivi per i quali, più della metà degli intervistati (e cioè il 55%), dichiara di volere che la sanità pubblica rimanga indipendente in quanto un diritto di tutti. Con qualche concessione: il 24% crede alla integrazione con il settore privato in quanto il pubblico non può coprire tutta l'assistenza, mentre il 19% che debba essere messa in competizione con quella privata perché la concorrenza migliorerebbe l'efficienza anche nel pubblico.
Il più temuto? Il tumore.
Infine, nel sondaggio anche la domanda su quale sia la malattia più temuta dagli italiani: è il tumore per il 54,3%. Seguono, ma con distacco, le malattie neurologiche e psichiatriche (19,5%), ictus cerebrale (11,6%), infarto (6,4%) ed epidemie 84,2%.