Una pillola da assumere entro poche ore da un rapporto sessuale a rischio riduce di molto la possibilità di sviluppare infezioni sessualmente trasmesse (IST): si chiama doxyPEP e funziona un po' come la "pillola del giorno dopo", solo che anziché evitare una gravidanza previene malattie come sifilide e clamidia.
Negli USA se ne sta discutendo molto perché, dopo anni di buoni risultati nelle sperimentazioni, potrebbe diventare un farmaco molto usato e facilmente ottenibile, se non fosse per un non trascurabile rischio globale: nel tentativo di arginare le infezioni sessuali la doxyPEP, che è un antibiotico, potrebbe favorire la diffusione di superbatteri resistenti ai farmaci.
Un antibiotico conosciuto. La pillola è a base di doxiciclina, un antibiotico molto usato per trattare diverse infezioni batteriche (oltre a clamidia, sifilide e gonorrea anche acne, infezioni otorinolaringoiatriche, gastrointestinali o delle vie urinarie) già disponibile sotto prescrizione medica. La novità sarebbe la sua forma PEP (che sta per profilassi post-esposizione) in combinazione con le infezioni sessualmente trasmesse (IST). L'idea è che assumendo una singola dose di doxiciclina dopo un rapporto non protetto, l'antibiotico possa uccidere ogni eventuale batterio trasmesso con il sesso prima che questo riesca a innescare un'infezione vera e propria.
Peraltro la doxiciclina è già ufficialmente impiegata in forma PEP per altre patologie: i Centers for Disease Control statunitensi ne consigliano una dose dopo i morsi di zecca per prevenire la malattia di Lyme o dopo essere stati in contatto con acqua contaminata dal batterio della leptospirosi, una pericolosa zoonosi che può essere trasmessa all'uomo.
Via libera per tutti? Negli USA si sta decidendo se introdurla di diritto anche per prevenire le malattie sessualmente trasmesse. Attualmente solo un ristretto numero di medici statunitensi la prescrive con questo scopo e solo a pochi pazienti interessati da infezioni ricorrenti (per esempio perché affetti da HIV). Come spiegato su Vox, in quanto farmaco approvato dalla Food and Drug Administration, l'antibiotico può essere prescritto anche per usi "off label", diversi cioè da quelli originari per i quali è stato dato il benestare. Ma se invece si decidesse di raccomandarlo per ridurre l'incidenza delle infezioni trasmesse con il sesso, allora diventerebbe molto più diffuso.
Studi promettenti. I dati a supporto di questo utilizzo della doxiciclina arrivano da due trial clinici sull'uomo, uno condotto in Francia e pubblicato nel 2017 e uno tra Seattle e San Francisco di prossima pubblicazione, i cui risultati sono stati anticipati in un congresso sull'HIV quest'anno.
Entrambi gli studi sono stati condotti su uomini che fanno sesso con altri uomini, una popolazione considerata più a rischio di infezioni sessualmente trasmesse; entrambi hanno coinvolto pazienti affetti da HIV, anche se lo studio americano ha incluso anche persone non sieropositive.
In tutti e due gli studi i soggetti sono stati divisi in due gruppi, solo uno dei quali ha potuto assumere la doxyPEP entro 24 ore da ogni rapporto non protetto. I volontari hanno potuto accedere a condom e a consulenze sulla prevenzione di malattie veneree e HIV, così da ridurre in generale i rischi per la salute legati al sesso. In entrambi gli studi la doxyPEP è stata molto efficace nel prevenire sifilide e clamidia (dimezzate nel trial francese e calate di due terzi in quello USA). Il farmaco è stato meno portentoso contro la gonorrea, soprattutto in Francia, ma da tempo si sa che questa infezione sta sviluppando resistenza contro vari tipi di antibiotici. Un altro trial, questa volta sulle donne, è in corso in Kenya.
Dalla padella alla brace? Anche se la doxyPEP non è un farmaco perfetto (ha effetti collaterali non trascurabili, per esempio sul sistema digerente) sarebbe però di grande aiuto nel ridurre l'incidenza, le complicanze e i costi delle infezioni sessualmente trasmesse, in piena espansione soprattutto negli USA. D'altro lato rendere largamente disponibile un antibiotico da assumere preventivamente è la ricetta perfetta per selezionare superbatteri antibiotico-resisistenti.
Secondo alcuni studi su un ristretto numero di pazienti, la doxiciclina starebbe già dando luogo a fenomeni di questo tipo, almeno a livello individuale. Chi la assume per lungo tempo, per trattare condizioni croniche, sviluppa batteri più resistenti nella bocca e nell'intestino, nonché versioni più "toste" del batterio Staphylococcus aureus nel naso. Nessuno di questi studi ha chiarito che cosa comporterebbe questo nel lungo periodo, se quei batteri cioè riuscissero a diffondersi all'esterno.
Pensiamoci bene. Della doxiciclina abbiamo bisogno: l'antibiotico è usato per trattare polmoniti e altre gravi infezioni specialmente nei Paesi in via di Sviluppo, e se diventasse inutilizzabile perché ormai "acqua fresca" per i batteri perderemmo un importante strumento di salute pubblica. Se la doxyPREP venisse prescritta per evitare le infezioni sessualmente trasmesse, il suo consumo aumenterebbe di 800 volte rispetto all'uso attuale, e questo potrebbe favorire i fenomeni di antibiotico-resistenza in tutto il mondo. I dati per provarlo ancora non ci sono - bisognerebbe vivere nel futuro! - ma il rischio esiste, e non può essere ignorato.