Sembra una di quelle malattie del passato, di tempi bui e lontani: la peste. Lo è, difatti. Si ritiene abbia contribuito alla caduta dell’Impero romano uccidendo, nel sesto secolo dopo Cristo, ai tempi dell’imperatore Giustiniano, tra trenta e cinquanta milioni di persone, metà della popolazione dell’epoca.
E poi di nuovo, quando 800 anni dopo, alla fine del Medioevo, la Peste Nera imperversò in Europa, uccidendo 50 milioni di persone solo tra il 1347 e il 1351.
Ora un team internazionale di ricercatori ha ricostruito la storia e i germi responsabili di quella malattia, arrivando a due conclusioni. La prima è che a provocare queste due grandi epidemie storiche furono due ceppi distinti dello stesso batterio, lo Yersinia pestis.
La seconda è che i due ceppi sembrano aver subito una sorte diversa: quello responsabile dell’epidemia ai tempi dell’impero romano sembra scomparso. L’altro è ancora vivo e vegeto e provoca ogni tanto delle esplosioni della malattia in alcune aree del mondo.
Un lavoro di scavo
Ad affascinare è il lavoro dietro alla ricostruzione di questa storia della peste. I ricercatori hanno isolato frammenti di DNA batterico vecchio di 1500 anni dai denti di alcune vittime dei tempi di Giustiniano, morte probabilmente nelle fasi finali dell’epidemia, tra il 541 e il 543, e sepolte in un cimitero in un piccolo paese della Baviera.
A partire da questi frammenti hanno ricostruito l’intero genoma del batterio Yersinia pestis e l’hanno paragonato a un database di un centinaio di ceppi contemporanei. Quello responsabile della peste dei tempi di Giustiniano si è rivelato un «vicolo cieco» da un punto di vista evoluzionistico, diverso sia da quello che ha provocato la peste nera sia da quelli di epidemie successive.
«Sappiamo che il batterio Yersinia pestis è saltato dai topi agli esseri umani durante tutto il corso della storia, e in molte parti del mondo i topo costituiscono anche oggi i serbatoi della malattia. Se la peste dei tempi di Giustiniano è potuta insorgere nella popolazione umana, causare una massiccia pandemia e poi scomparire, potrebbe succedere di nuovo» ha detto Dave Wagner, professore al Centro di Genetica dei microbi alla Northern Arizona University, uno degli autori dell’articolo. «Fortunatamente oggi abbiamo gli antibiotici per combatterla».
Non tutte le pesti sono uguali
La ricerca sulla peste, pubblicata su Lancet Infectious Diseases, è interessante anche perché dà un’immagine diversa da quella consueta di come scoppiano le epidemie: i microbi all’origine di queste malattie catastrofiche non sono da immaginare come sempre uguali, evoluti una volta per tutte, e in attesa dell’occasione buona per un salto nella popolazione umana, ma piuttosto come organismi che mutano in continuazione e che discendono da antenati diversi.
Forse anche la peste di Atene, del 430 avanti Cristo, o quella "antonina", del secondo secolo dopo Cristo, furono causate da ceppi distinti e indipendenti del batterio Yersinia pestis.
Una conseguenza di questo è che è molto più difficile prevedere che cosa succederà in futuro.