Una mappa della corteccia cerebrale di una precisione mai raggiunta prima è pubblicata questa settimana sulla rivista Nature. La mappa suddivide la parte più esterna del nostro cervello - quella che elabora le informazioni e le relative risposte, e ci permette di pensare, parlare e muoverci - in ben 360 aree (180 per ciascun emisfero), più della metà delle quali non era mai stata identificata prima.
Questo livello di dettaglio permetterà di comprendere meglio malattie come le demenze, l'autismo o l'epilessia, che dipendono proprio da anomalie nella corteccia, e potrà anche chiarire perché il sistema nervoso centrale dell'uomo è così speciale.
strutture e funzioni. Lo studio ha coinvolto una dozzina di ricercatori coordinati da David Van Essen, direttore del dipartimento di neuroscienze dell'università di Washington e capo dello Human Connectome Project (progetto connettoma umano).
Partito nel 2010, questo progetto si propone si identificare le connessioni fra le diverse aree del cervello, e molti dei dati utilizzati per la mappatura appena pubblicata arrivano proprio da qui. In particolare, le 360 zone sono state circoscritte in base allo spessore della corteccia cerebrale nei diversi punti, alle connessioni con altre zone cerebrali e alle funzioni svolte. Si è così scoperto, per esempio, che nella regione linguaggio esiste una piccola area che si attiva soltanto quando si ascoltano delle storie; e che in quella della visione, un gruppo di neuroni determina esclusivamente l'ampiezza del campo visivo.
ma il "mio" cervello è diverso. Ma i ricercatori hanno anche tenuto conto delle differenze che possono esserci fra una persona e l'altra, e hanno elaborato un algoritmo che permette di tracciare mappe specifiche per il cervello di ciascuno di noi. Questo strumento consentirà ai medici di adattare le terapie ai singoli pazienti e monitorare i miglioramenti. I neurochirurghi, in particolare, potranno intervenire sul cervello con grande precisione, evitando di danneggiare zone importanti (in parte questo viene già fatto con i dati disponibili oggi, ma la tecnica potrà essere affinata).
e se sbagliassero? Recentemente, sulla rivista Pnas è stata messa in dubbio la validità di molte ricerche che si sono avvalse della risonanza magnetica funzionale, e una parte dei dati utilizzati nello studio appena pubblicato su Nature arriva proprio da questo metodo di indagine. I dettagli tecnici dell'approccio utilizzato da Van Essen e dai colleghi saranno pubblicati a breve, ma la grande accuratezza del loro lavoro dovrebbe aver messo la mappatura al riparo da errori. Se ci saranno novità vi aggiorneremo.