Salute

La medicina e i casi eccezionali

Pazienti che rispondono a cure che agli altri non fanno niente. Oppure sono sani quando dovrebbero essere malati. Sono i casi "miracolosi" che la scienza ha deciso di studiare per capirne di più, e magari per ricavare informazioni utili per la maggioranza meno fortunata.

Sono le tipiche storie per cui di solito si grida al miracolo: malati con tumori gravi che scompaiono grazie al farmaco tentato come ultima spiaggia, persone che sono vive e vegete nonostante “sulla carta” dovrebbero essere gravemente malate o già morte.

In inglese, gli appartenenti alla prima categoria vengono definiti exceptional responders, casi rari e fortunati di pazienti che ottengono ottimi risultati da una terapia che fa poco o niente alla maggior parte degli altri. Dei secondi, persone in teoria “condannate” dalla genetica ma in realtà perfettamente in salute, si è scoperta l’esistenza da poco.

Non solo aneddoti. Fino a non molto tempo fa erano considerati solo delle “curiosità”, casi interessanti ma di nessuna utilità per la medicina, perché molto rari e difficili da studiare. Di recente, però, si è acceso l’interesse per questo strano mondo di mosche bianche, e un numero crescente di esperti ritiene che valga la pena studiarli per capire qualcosa di utilità generale. Un editoriale su Science Translational Medicine, per esempio, suggerisce di applicare alla ricerca su questi pazienti le stesse strategie utilizzate da anni nello studio delle malattie rare

Iniziativa eccezionale. Due anni fa, il National Cancer Institute americano ha dato il via alla Exceptional Responders Initiative, uno studio clinico per raccogliere informazioni su questi casi e creare un database su cui, per quanto rari, si possa cominciare a fare un po’ di statistica. L’interesse è nato grazie allo studio di un paziente con un cancro alla vescica, il cui tumore avazato è sorprendentemente regredito fino a scomparire dopo la somministrazione di un farmaco chiamato everolimus. In quel caso, si è riusciti a risalire al perché: il tumore presentava una particolare mutazione su cui la molecola riusciva ad agire, come poi è capitato anche nel caso di persone con tumori diversi ma mutazioni simili.

A permettere l’analisi e – i ricercatori sperano – a dare risposte sui meccanismi che portano a queste guarigioni enigmatiche sono le tecnologie di sequenziamento del genoma, che oggi permettono di sequenziare il Dna a costi molto bassi, permettendo il confronto tra il patrimonio genetico di tante persone diverse, e le analisi molecolari in tempi rapidi sui tumori.

Resilienti. Sempre sull’analisi di grandi mole di informazioni genetiche si basa il Resilience Project, appena partito. «Cerchiamo persone che secondo i manuali di medicina dovrebbero essere malate ma che invece in qualche modo sono sfuggite ai tipici segni e sintomi della malattia» si legge nella homepage del sito.

Il progetto, coordinato dalla Icahn School of Medicine del Mount Sinai Hospital di New York, nasce da una recente ricerca (di cui Focus aveva parlato qui): analizzando un database con le sequenze genetiche di quasi 600mila persone, gli scienziati ne avevano trovate 13 con mutazioni genetiche che in teoria avrebbero dovuto causare al 100 per cento una malattia (per esempio la fibrosi cistica) e che invece erano sane. L’intenzione è proseguire le indagini per trovarne altre e capire quali altri fattori nel Dna hanno protetto questi fortunati, e magari si possano rivelare d'aiuto per altri che non lo sono stati altrettanto.

27 maggio 2016 Chiara Palmerini
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