Salute

La cannabis ad alta potenza lascia tracce pervasive nel DNA (che potrebbero essere legate al rischio di psicosi)

La cannabis più ricca di THC è legata a cambiamenti epigenetici che potrebbero spiegare il legame (noto) tra la super marijuana e il rischio psicosi.

La cannabis ad alto contenuto di THC lascia tracce riconoscibili sul DNA dei suoi consumatori, cambiamenti che potrebbero contribuire al più elevato rischio di psicosi da tempo associato al suo utilizzo. Lo sostiene uno studio pubblicato su Molecular Psychiatry, che per la prima volta fornisce un possibile collegamento biologico tra l'uso di super marijuana e le sue possibili ricadute sulla salute mentale.

Che cos'è la cannabis ad alta potenza

La cannabis ad alta potenza o super marijuana è quella contenente una concentrazione di delta-9-tetraidrocannabinolo o THC (una sostanza psicotropa nonché il più noto principio attivo della cannabis) pari o superiore al 10%.

Studi scientifici hanno collegato il consumo di queste varietà di cannabis a un rischio più elevato di incorrere in episodi psicotici, disturbi psichiatrici che comprendono un'alterazione dell'esame di realtà e sintomi come deliri e allucinazioni.

Come spiega Marta di Forti, Professoressa di Consumo di Droghe, genetica e psicosi del King's College di Londra: «Quando si guarda alla cannabis che ha il 10 percento o più di THC, si osserva un aumento di almeno cinque volte del rischio di sviluppare un disturbo psicotico rispetto alle persone che non ne hanno mai fatto uso».

L'impatto della cannabis sui geni: la metilazione del DNA

Di Forti e colleghi hanno analizzato il contributo del consumo di cannabis ad alta potenza sulla metilazione del DNA, un processo chimico che altera l'espressione dei geni senza intervenire sulla sequenza del nostro genoma - di fatto "decidendo" quali geni attivare e quali disattivare in un dato momento.

Questo fenomeno analizzabile con un esame del sangue è considerato un tassello fondamentale nel rapporto tra i fattori di rischio genetici e le conseguenze reali sulla salute mentale.

Insieme agli scienziati dell'Università di Exeter (Regno Unito) il team londinese ha studiato l'impatto dell'uso di cannabis sulla metilazione del DNA in 682 persone, 188 delle quali utilizzatori di cannabis al momento dello studio. Un sottogruppo di questi aveva riferito di consumare varietà ad alto contenuto di THC.

Tanto per cominciare è emerso che il consumo di cannabis ha un impatto riconoscibile sulla metilazione del DNA indipendente da quello (noto da tempo) che ha il tabacco, spesso mischiato alla cannabis negli spinelli.

«Negli attuali consumatori di cannabis troviamo un segno distintivo sulla metilazione del DNA, in particolare quando esaminiamo i geni del sistema immunitario e i geni mitocondriali, che sono correlati alla produzione di energia a livello cellulare» dice di Forti.

Tuttavia, l'impatto della cannabis ad alta potenza è apparso ancora più netto, soprattutto su alcuni geni che regolano la funzione dei mitocondri, e che secondo gli autori della ricerca potrebbero spiegare in parte il più elevato rischio di psicosi in chi ne fa uso.

Non a caso la maggiore incidenza di questi disturbi psichiatrici è stata in passato associata a difetti nella funzionalità dei mitocondri, centrali energetiche delle cellule.

Cannabis e psicosi: screening per trovare i più a rischio?

I ricercatori hanno poi dimostrato che l'effetto della cannabis sulla metilazione del DNA è diverso in chi ha avuto già esperienza di almeno un episodio di psicosi rispetto a chi, pur consumandone in elevate quantità, non ha mai avuto questo tipo di disturbi.

Quest'ultima scoperta potrebbe suggerire, secondo gli scienziati, la possibilità di sviluppare screening basati su esami del sangue specifici che identifichino, tra gli utilizzatori di cannabis, chi è più rischio di disturbi psicotici, e che pertanto dovrebbe tutelarsi abbassandone il consumo.

22 ottobre 2024 Elisabetta Intini
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