Salute

La biologa, muffe utili o dannose? Ecco come riconoscerle

Roma, 26 ott. (AdnKronos Salute) - Quando si ha a che fare con le muffe in cucina le domande ricorrenti sono sempre le stesse: da dove provengono? Dove si sviluppano? E' possibile mangiare alimenti con la muffa? Ma se gli alimenti ammuffiti fanno male, perché allora si può mangiare il gorgonzola? Sabina Rubini biologa e componente Commissione permanente di studio Igiene, Sicurezza e Qualità dell'Ordine nazionale dei biologi, aiuta a "fare un po' di chiarezza, per capire se quando si parla di muffe si è davvero di fronte ad un pericolo reale o solo davanti ad inutili allarmismi".

Le muffe, come del resto i lieviti, appartengono al regno dei funghi ed entrambi (anche se diversi dal punto di vista cellulare) sin dai tempi antichi hanno fornito contributi importanti nelle produzioni alimentari. "Proprio per questo motivo alcune muffe possono essere definite 'utili'. La preparazione del pane o delle bevande alcoliche, come il vino e la birra, non sarebbero mai avvenute in assenza dei lieviti. Lo stesso vale per la prelibatezza dei formaggi erborinati (quelli cioè che all'interno della pasta presentano colonie di muffe sotto forma di venature color verde, grigio o blu), di cui in Italia i più famosi sono il gorgonzola (di origine lombarda) e il blu di capra (di origine piemontese), mentre allargando lo sguardo all'Europa possiamo citare il roquefort (proveniente dal centro della Francia). Tutte tipicità che in assenza delle muffe non sarebbero mai esistite", assicura l'esperta.

"Un metodo che permette di limitare la contaminazione degli insaccati da parte di muffe indesiderate, che possono aggredire il prodotto in tempi successivi alla sua produzione, è quello che utilizza starter fungini. Muffe utili e innocue, che vengono appositamente spalmate sui budelli naturali e quindi sulla superficie dei prodotti, all'inizio del periodo di stagionatura, come azione preventiva ma anche competitiva nei confronti di muffe alteranti che altrimenti lo aggredirebbero".

Proprio grazie alle muffe. e in particolare nel 1928 al Penicillium Notatum Chrysogenum, "sono stati prodotti i primi antibiotici che tante vite hanno salvato nei decenni sino ad oggi - ricorda Rubini - sconfiggendo svariate malattie tra le quali la polmonite, la difterite e la gonorrea (per citarne solo alcune), senza mettere a rischio l'organismo umano. A fronte di ciò, però, oggi siamo consapevoli dell'esistenza di microrganismi fungini tanto subdoli da tenere sempre con il fiato sospeso, soprattutto coloro che lavorano nel campo della sicurezza alimentare".

Nel mirino la produzione di micotossine talmente tossiche da essere capaci di inquinare le derrate alimentari e non solo, risultando molto pericolose sia per la salute dell'uomo che degli animali.

"I maggiori produttori di micotossine, di cui oggi si sente spesso parlare - elenca l'esperta - sono i funghi appartenenti ai generi: Aspergillus, da cui si producono vari tipi di micotossine che vanno sotto il nome di aflatossine (potenzialmente presenti in cereali, frutta secca e latte); Penicillium, da cui si sviluppano come micotossine le ocratossine (potenzialmente presenti nei cereali) e le patuline (micotossina che può essere riscontrata nei succhi di frutta); Fusarium, da cui derivano le zearalenoni e le fumonisine (entrambe potenzialmente presenti soprattutto nel mais), oltre alle micotossine tricoteceni (che possono riscontrarsi nel frumento, orzo, avena, segale e mais)".

Tutte queste micotossine possono svilupparsi in maniera diretta sulle piante, sia durante la coltivazione che in fase successiva (nello stoccaggio), e derivano da funghi che possono essere definiti muffe pericolose e dannose in quanto, secondo diversi studi portati avanti negli anni, "presenterebbero effetti che possono risultare in alcuni casi cancerogeni, in altri casi nefrotossici, epatotossici, immunotossici e anche mutageni. A questo tipo di contaminazione diretta, però - prosegue Rubini - si affianca una contaminazione che può essere definita indiretta, che si riscontra nel caso in cui le tracce di micotossine vengano ritrovate nei prodotti di derivazione animale, come accade a volte nel latte. In questo secondo caso appare ovvio che l'animale trasmette all'alimento la micotossina acquisita mediante i mangimi contaminati, di cui si è nutrito".

E le muffe che osserviamo sugli alimenti presenti in casa, a quale tipo appartengono? Sono delle muffe alteranti, perché alterano l'alimento dal punto di vista organolettico (odore, sapore, colore e consistenza) e sono molto visibili, il che è un vantaggio: "Per istinto si tende a non consumare l'alimento contaminato e a scartarlo immediatamente", dice la biologa. Queste muffe, sotto forma di spore microscopiche e volatili, si propagano un po' ovunque trasportate dal vento, dalla pioggia o anche mediante gli insetti, per adagiarsi e poi crescere negli ambienti a loro più idonei.

Bisogna stare attenti allora, in presenza di temperature tra i 15 e i 30°C, agli ambienti con umidità superiore al 65%, agli alimenti acquosi ricchi di zuccheri e proteine, ad alimenti con valori di pH compresi tra 4 e 8. Tutti elementi che possono avvantaggiare la crescita di muffe su alimenti conservati non solo in cucina, ma anche nei frigoriferi. "Mangiare un alimento con la muffa, per sbaglio o disattenzione, non provoca di per sé danni, ma il problema sorge quando il cibo ammuffito è una costante nella propria alimentazione - avverte l'esperta - Il pericolo potrebbe esserci nel caso di ingestione costante di prodotti come cereali e latte o frutta secca, contenenti micotossine quali le aflatossine, ocratossine e fumonisine.

Vista la pericolosità di tali sostanze, sono state istituite normative comunitarie ad hoc, che obbligano i produttori a controllare gli alimenti prima della loro immissione sul mercato, a garanzia e a tutela della salubrità igienico-sanitaria a favore dei consumatori".

Come regolarsi con gli alimenti? "Se vediamo in casa del pane ammuffito, va gettato all'istante perché oramai il fungo che lo ha contaminato è penetrato in profondità. Occhio naturalmente anche al porta pane che lo contiene, oramai contaminato anch'esso: dovrà essere assolutamente lavato e disinfettato", raccomanda Rubini.

E nel caso dei formaggi? I più stagionati "potranno essere accuratamente ripuliti e consumati, meglio ancora se consumati cotti per qualche ripieno - consiglia la biologa - I formaggi e i latticini freschi (ricotta, mozzarella, yogurt eccetera) andranno al contrario allontanati poiché le micotossine in essi contenute, ormai sparse per tutto il prodotto, lo rendono inappropriato al consumo. E' chiaro che i formaggi erborinati, di cui già accennato, possedendo muffe innocue definite starter possono essere consumati con tranquillità, tranne nel caso in cui ci si trovi di fronte a soggetti che risultano allergici alle muffe alimentari e per i quali non solo è assolutamente sconsigliato il consumo di prodotti erborinati, ma conviene che essi non entrino in alcun modo in contatto con qualsiasi alimento che abbia in esso, anche un solo accenno di presenza fungina".

Per la carne e per il pesce "non conviene invece correre rischi, quindi al primo cenno di contaminazione vanno gettati", mentre per la frutta bisogna distinguere tra quella molto succosa, come pesche, uva e albicocca, che se contaminata non può essere salvata, e tipi di frutta più soda, come la mela, per la quale basta eliminare la parte contaminata. "Infine, per marmellate e confetture possiamo stare tranquilli che anche se contaminate leggermente possono essere ripulite e consumate. In questo caso, infatti, il legame tra lo zucchero presente nel prodotto e l'acqua impedirà alle tossine di proliferare".

Come ultimo consiglio, conclude Rubini, "ricordiamo che le spore si trovano nell'aria e nell'ambiente circostante, quindi conviene sempre coprire gli alimenti con pellicole e coperchi o conservarli in contenitori chiusi ad uso alimentare, che ne evitino il loro adagiarsi e proliferare. Avendo anche appreso però che i microrganismi fungini possono crescere in presenza di un'alta percentuale di umidità, impariamo a combattere la presenza delle muffe sanificando spesso il luogo dove con più facilità possono crescere: il frigorifero".

26 ottobre 2015 ADNKronos
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