L'Organizzazione Mondiale della Sanità sconsiglia l'utilizzo di dolcificanti non zuccherini per il controllo del peso e per la riduzione di malattie croniche non trasmissibili. Secondo le nuove linee guida dell'OMS, basate sulla revisione di oltre 500 studi scientifici sul tema, queste sostanze non offrono alcun beneficio a lungo termine nella riduzione del peso di adulti e bambini e anzi, il loro utilizzo prolungato potrebbe avere effetti indesiderati, come un aumento del rischio di diabete di tipo 2 e di problemi cardiovascolari, oltre a un incremento del rischio di mortalità negli adulti.
A quali prodotti ci si riferisce? I dolcificanti non zuccherini (non-sugar sweeteners, NSS) sono stati sviluppati come alternative poco o per nulla caloriche allo zucchero per dolcificare alimenti e bevande, e sono spesso venduti come aiuti per dimagrire o mantenere il peso desiderato, o ancora per controllare il glucosio nel sangue nelle persone con diabete. I più comuni sono acesulfame K, aspartame, advantame, ciclamati, neotame, saccarina, sucralosio (artificiali), e tra quelli naturali la stevia e i suoi derivati.
Disabituarsi ai sapori dolci. Il documento conclude che ricorrere ai dolcificanti non zuccherini nella convinzione che aiutino a mantenere il peso desiderato o a evitare malattie croniche come il diabete non è consigliato, perché contro le evidenze scientifiche. «Sostituire gli zuccheri liberi con dolcificanti non zuccherini non aiuta con il peso a lungo termine. Bisogna considerare altri modi per ridurre l'apporto di zuccheri, come consumare cibi naturalmente zuccherini come la frutta, o cibi e bevande non dolci» spiega Francesco Branca, direttore OMS per la nutrizione e la sicurezza alimentare. «I dolcificanti non zuccherini sono elementi non essenziali nell'alimentazione e non hanno valore nutrizionale. Le persone dovrebbero ridurre la dolcezza della loro dieta a prescindere, a cominciare dall'inizio della vita, per migliorare la salute».
A chi ci si rivolge? Le raccomandazioni "riguardano tutte le persone eccetto quelle con diabete già diagnosticato", perché gli studi che le riguardano non sono stati inclusi in questa revisione, e "include tutti i dolcificanti sintetici, presenti in natura o modificati, che non sono classificati come zuccheri presenti in cibi o bevande". Come spiegato sul New York Times, il nuovo documento fa un passo in più rispetto a quanto concluso da passate ricerche, secondo le quali i dolcificanti non offrivano benefici per la salute ma non erano neppure dannosi.
Alcuni studi recenti hanno suggerito effetti avversi inaspettati conseguenti all'uso di dolcificanti di questo tipo: pochi mesi fa per esempio l'eritritolo (un'alternativa allo zucchero che però non è inclusa nella revisione OMS) era stato indicato come sostanza potenzialmente dannosa per la salute cardiovascolare, perché collegata alla formazione di coaguli nel sangue.
Il rapporto col diabete. Come scrivono gli stessi autori del documento, siccome il legame osservato tra NSS ed effetti sulla salute potrebbe essere influenzato da altre caratteristiche di base dei partecipanti agli studi e dalle modalità complesse di utilizzo dei dolcificanti, le raccomandazioni sono da intendersi come condizionali, ossia non vincolanti per i singoli Paesi, che non saranno obbligati a seguirle.
Secondo Andrea Natali, coordinatore eletto del comitato scientifico della Società Italiana di Diabetologia, le nuove linee guida OMS sono "condivisibili": «L'effetto molto piccolo sulla riduzione di peso associata all'uso di dolcificanti - ha detto intervistato da Quotidiano Sanità - è spiegato dalla modesta riduzione di calorie che comporta scambiare lo zucchero con i dolcificanti, dal momento che nella maggior parte dei casi il consumo di zuccheri semplici è quantitativamente modesto. Per quanto riguarda l'insorgenza del diabete, è estremamente improbabile che i dolcificanti abbiano un effetto causale diretto sulle malattie; è più verosimile che chi consuma dolcificanti abbia una minore educazione alimentare, abbia o abbia avuto un profilo metabolico parzialmente alterato, abbia familiarità per diabete oppure, banalmente, si senta giustificato a mangiare di più».
Insomma più che puntare il dito sulle singole sostanze dolcificanti si tratta di mettere in atto una vera educazione alimentare.