Le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), o acidi perfluoroacrilici, composti chimici industriali resistenti ai maggiori processi naturali di degradazione e ormai onnipresenti nell'ambiente, stanno inquinando in modo pervasivo le nostre fonti di acqua, inclusa quella potabile: la loro presenza nell'acqua del rubinetto era già stata dimostrata, ma un nuovo studio ne ha trovate tracce importanti anche in campioni idrici di falda o di superficie prelevati lontano dai siti notoriamente contaminati. La ricerca è stata pubblicata su Nature Geoscience.
Qui per restare. I PFAS sono acidi molto forti e stabili, dalle proprietà idrorepellenti e oliorepellenti, prodotti dall'uomo e non presenti naturalmente nell'ambiente. Sono ampiamente utilizzati nei prodotti industriali per aumentare la resistenza alle alte temperature, all'acqua e al grasso, e si trovano nei rivestimenti delle padelle antiaderenti, nel packaging di carta ad uso alimentare, in tappeti e prodotti di abbigliamento, nelle schiume antincendio, in vernici e pesticidi, cosmetici e prodotti farmaceutici.
Per le loro caratteristiche chimiche permangono senza degradarsi nel suolo e nell'acqua, e anche se i loro effetti sulla salute sono ancora oggetto di indagine, sono considerati fattori di rischio per diverse malattie, da alcuni tipi di tumori alle malattie della tiroide e del sistema endocrino, dall'ipertensione in gravidanza alle patologie dell'intestino.
Anche dove non ti aspetti. La nuova analisi ha preso in considerazione circa 45.000 campioni di acqua raccolti e analizzati in quasi 300 studi precedenti sui PFAS condotti in varie parti del mondo (principalmente tra USA, Canada, Europa, Australia e la costa pacifica dell'Asia). Il 31% dei campioni di acqua di falda prelevati in siti che non si trovavano vicino a fonti note di contaminazione da PFAS è risultato comunque avere livelli di queste sostanze considerati "fuori soglia", rispetto ai valori sicuri stabiliti dall'EPA, l'Agenzia per la Protezione Ambientale degli Stati Uniti. Lo stesso discorso è valso per il 16% dei campioni di acqua di superficie (fiumi, torrenti, laghi, stagni) testati.
Un campanello d'allarme. Anche se i campioni provengono da Paesi in cui l'attenzione ai PFAS è molto alta, e potrebbero perciò dipingere un panorama eccessivamente pessimistico sulla loro distribuzione, i risultati sono comunque indicativi della diffusione capillare dell'inquinamento da sostanze chimiche industriali. Se si trovano PFAS anche in luoghi considerati insospettabili - ipotizzano i ricercatori - c'è ragione di credere che gli acidi perfluoroacrilici siano presenti in qualche livello praticamente ovunque sul Pianeta.
Concentrarsi sull'acqua non è la soluzione. Alcuni Paesi in cui l'inquinamento da PFAS è particolarmente marcato, come Australia e Stati Uniti, si stanno muovendo nella direzione di regole molto stringenti che portino i livelli di queste sostanze nell'acqua potabile vicino allo zero.
Ma il messaggio dello studio non vuole essere, nello specifico, che l'acqua che beviamo non è salubre: piuttosto fa pensare a quante sostanze durevoli immettiamo negli ecosistemi, senza conoscerne il reale effetto sulla nostra salute.
Agire alla radice. Senza contare che togliere i PFAS dall'acqua da bere non risolverebbe il problema della contaminazione globale: «Una volta rilasciati nell'ambiente, è incredibilmente difficile sbarazzarsene, se non impossibile» ha spiegato al New York Times David Andrews, scienziato dell'Environmental Working Group, organizzazione no-profit che si occupa di salute dell'uomo e del Pianeta. I PFAS «possono essere rimossi dall'acqua potabile, ma la soluzione definitiva è non usarli all'origine, specialmente quando sono presenti chiare alternative».