Per certe persone gli anni sembrano non passare mai; altre, a distanza di pochi mesi, ci appaiono più anziane di un decennio. Un nuovo studio della Duke University, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, sembra confermare quanto suggerisce il senso comune: non sempre l'età anagrafica corrisponde all'età biologica.
Coetanei (in apparenza). La velocità di invecchiamento non è uguale per tutti: purtroppo o per fortuna, abbandoniamo la giovinezza a ritmi diversi. Per dimostrarlo, i ricercatori hanno verificato alcuni marcatori biologici su un migliaio di soggetti di 38 anni di età.
A fronte di una comune classe anagrafica, gli scienziati hanno voluto testare l'età biologica dei soggetti attraverso parametri come pressione sanguigna, colesterolo, funzionalità renale e del fegato, salute cardiovascolare e lunghezza dei telomeri, le piccole porzioni di DNA che si trovano alla fine di ogni cromosoma.
Quanti anni gli dai? Dei soggetti è stato valutato anche l'aspetto fisico: le loro foto sono state sottoposte a un gruppo di studenti perché indovinassero la loro reale età. Ogni marcatore è stato valutato sullo stesso soggetto alle età di 26, 32 e 38 anni. Studiando a quale ritmo cambiavano questi valori, i ricercatori hanno stabilito il ritmo di invecchiamento di ciascuno.
Anziani dentro. I 38enni dello studio hanno mostrato età biologiche comprese tra i 28 e i 61 anni. Alcuni dimostravano un'età effettiva di 40 anni a fronte delle 38 candeline spente: segno che negli ultimi 12 anni erano invecchiati al ritmo di 1,2 anni ogni 12 mesi.
Altri sembravano ancora più vecchi: i più anziani dal punto di vista biologico hanno riscontrato più difficoltà anche in test solitamente somministrati in terza età, come compiti di coordinazione, test di problem solving ma anche il semplice salire le scale.
Quali cause? A premere sull'"acceleratore" della vecchiaia sono fattori sia di natura genetica, sia ambientale. Il prossimo passo sarà indagare nella vita dei soggetti del database da cui sono stati estratti i dati (il cosiddetto Dunedin Study, un progetto di ricerca che prende il nome dalla città neozelandese di Dunedin, da cui proviene il campione) per capire come stile di vita e storia familiare possano influenzare la rapidità con cui invecchiamo. E imparare a intervenire per tempo, per contrastare l'invecchiamento precoce con terapie mirate.