Colpisce ogni anno l'8% della popolazione italiana, causando in media 8.000 decessi: se per i più l'influenza si risolve con qualche giorno di febbre alta, tosse e naso che cola, in chi soffre di patologie croniche come diabete o problemi cardiovascolari, è affetto o è recentemente stato colpito da malattie bronchiali o polmonari, o immuno-depresso perché, per esempio, in cura per un tumore, questa infezione può avere conseguenze critiche.
All'origine dell'influenza ci sono quattro famiglie di virus, due di tipo A e due di tipo B.
La proporzione tra i virus di lineaggio B è variabile e imprevedibile: per questo capire in anticipo quali caratteristiche avrà l'epidemia in arrivo è quasi un terno al lotto. Ci siamo fatti aiutare da Fabrizio Pregliasco, virologo e ricercatore del Dipartimento di scienze biomediche per la salute dell'Università degli Studi di Milano e direttore sanitario dell'IRCCS Galeazzi di Milano.
«Salvo imprevisti la prossima stagione influenzale dovrebbe essere di intensità media. Si stima, comunque, che non meno di 5 milioni di persone saranno costrette a letto: nell'emisfero australe la stagione sta scorrendo con bassi livelli di diffusione e una prevalenza del virus AH1N1, anche se in quest'ultima parte di stagione rimane l'incognita del contributo del virus B, che potrebbe innalzare la dimensione complessiva della stagione.»
Giocare d'anticipo. Le previsioni si elaborano osservando quanto accaduto nella stagione invernale che precede la nostra, ossia quella che sta finendo nell'emisfero australe.
«Ci si basa su un doppio sistema di sorveglianza globale gestito dall'OMS», spiega Pregliasco. «Da un lato, epidemiologico, con medici sentinella in varie parti del mondo che segnalano casi sospetti; dall'altro, virologico, con gruppi selezionati di pazienti sottoposti a prelievi e tamponi faringei. Con queste seconde tecniche di biologia molecolare possiamo tracciare un albero genealogico dei virus e la loro caratterizzazione genomica.»
A determinare la stagione influenzale sono soprattutto la novità dei virus (per ogni lineaggio A o B esistono diverse varianti) e le condizioni meteo. «Se la stagione invernale è molto ballerina come sono questi primi momenti, allora prevarranno i virus para-influenzali (ce ne sono 262 diversi tipi!). Se il freddo è pesante e continuativo, con molta umidità e temperature basse che si prolungano, si diffondono con più facilità i virus influenzali veri e propri.»
Con questi parametri si approntano previsioni su quando arriverà l'epidemia: si confrontano i dati raccolti con il trend storico stagionale (consultabile, per esempio, su InfluNet). Si va a vedere quanti casi di influenza si sono registrati, negli anni passati, nelle varie fasce anagrafiche di popolazione, e in quale settimana.
«Quando si nota un incremento e si conferma la presenza dei primi casi in laboratorio, allora si capisce che l'epidemia sta iniziando - continua Pregliasco. Una crescita esponenziale nell'arco di sei settimane rappresenta invece la curva dell'epidemia. Possiamo pensare che il picco arriverà quest'anno dopo Natale, perché per allora farà sicuramente freddo. Ma l'andamento è davvero imprevedibile».
Quale vaccino? Per correre ai ripari abbiamo a disposizione i vaccini influenzali: di tipo trivalente - che contiene, e protegge da, 2 ceppi di virus A (A/H1N1 e A/H3N2) e 1 ceppo di virus B (B/Victoria o B/Yamagata) - oppure quadrivalente (o tetravalente) Quest'ultimo contiene 2 ceppi A e 2 ceppi B, ed è la scelta raccomandata dall'OMS.
Chiarisce Pregliasco: «Venti anni fa i virus dell'influenza circolavano in modo diverso, c'era un virus prevalente, un solista. Negli anni invece è diventata una band, un duo, un trio e poi ogni tanto un quartetto. In particolare c'è un componente del quartetto che non riusciamo bene a individuare se sarà o meno presente: il sottotipo di virus B. Per questo l'OMS preferisce allargare l'ombrello di protezione e includerli tutti».
Come scegliere? In futuro tutti i vaccini diverranno quadrivalenti, ma ad oggi non tutte le aziende sono riuscite a licenziarli in tempo. Quindi in commercio troviamo diversi vaccini: quadrivalente, trivalente, trivalente adiuvato. Gli adiuvati sono pensati per aiutare la risposta immunitaria, ma al momento non esiste un quadrivalente adiuvato: se ne stanno ancora studiando gli effetti.
Per questo sui soggetti "grandi anziani" (over 75) è preferibile il trivalente adiuvato: a questa età si è infatti meno colpiti dai virus B perché questi diversificano meno, e in genere gli anziani ne conservano una memoria immunitaria. In pratica nel loro caso è preferibile aumentare la risposta immunitaria e tralasciare la protezione per un sottotipo B (che colpisce più spesso i bambini, veri attori della trasmissione)».