La gonorrea potrebbe tornare incurabile come era all’inizio del secolo. A lanciare l’allarme è stata, la settimana scorsa, l’Organizzazione mondiale della sanità, dopo che uno studio ha rivelato che in oltre 50 Paesi sono stati documentati casi in cui anche gli antibiotici di ultima generazione contro l’infezione si sono rivelati inutili.
Malattia subdola. Si stima che quasi 80 milioni di persone nel mondo contraggano ogni anno l’infezione, che è la malattia a trasmissione sessuale più comune al mondo. A provocarla è il batterio Neisseria gonorrhoeae.
Nella maggior parte dei casi, e specialmente nelle donne, la malattia, nota comunemente come “scolo”, provoca sintomi difficilmente distinguibili da altre infezioni genitali. Nelle donne, però, l’infezione può provocare alla lunga infertilità, aumentare il rischio di gravidanze extra-uterine, e quello di contrarre il virus dell’Hiv.
Le infiammazioni dell’apparato genitale e la sterilità possono essere una conseguenza anche per l’uomo. Se trasmessa dalla madre al figlio durante il parto, inoltre, può causare cecità al bambino, gravi infezioni del sangue e infiammazione delle articolazioni. Ancora negli anni Ottanta, erano diverse le classi di antibiotici che potevano trattare efficacemente la malattia. Ora non è più così.
Allarme globale. Secondo gli ultimi studi, condotti dalla stessa Oms, in 50 Paesi del mondo (su 77 dove è stata fatta l’indagine) gli antibiotici di prima linea sono già inefficaci. Anche quelli di seconda e terza linea, che si usano quando gli altri hanno fallito, hanno più volte mostrato di non funzionare. I casi in cui la malattia è risultata resistente a tutti i medicinali a disposizione sono stati documentati in Francia, Spagna e Giappone, ma potrebbe trattarsi solo della punta dell’iceberg.
Per il futuro. Lo sviluppo di nuovi antibiotici, che nelle prime fasi di sperimentazione si sono dimostrati potenzialmente utili, è in una fase di stallo per mancanza di investimenti. Secondo gli esperti dell’Oms è necessaria un’azione coordinata e globale per favorire la diffusione di strumenti di prevenzione e per protocolli di diagnosi semplici e veloci (soprattutto nei Paesi in via di sviluppo dove la malattia è più diffusa), e nuovi antibiotici efficaci contro la malattia.