Salute

L'immunità inattesa ai virus dell'influenza

Uno studio mette in relazione l'anno di nascita con il tipo di virus di cui ci si può ammalare.

Se e quale influenza prendiamo dipende anche dall’anno in cui siamo nati. C’è una stranezza notata da tempo dagli epidemiologi nel modo in cui i diversi virus influenzali colpiscono le fasce di popolazione: di un tipo si ammalano soprattutto giovani e bambini, di un altro i più anziani.

Ora un nuovo studio di ricercatori americani è riuscito a fare chiarezza sul perché: essere infettati da bambini con il virus di un certo ceppo conferisce protezione anche contro i virus imparentati alla lontana con il primo. Finora si pensava invece che aver preso l’influenza di un tipo una volta non proteggesse quasi per niente da nuovi virus in circolazione gli anni seguenti.

L'influenza che viene dagli uccelli. Per verificare l'esistenza di questo tipo di immunità incrociata gli scienziati sono partiti dall’esame dei dati su due virus di influenza aviaria, l’H5N1 e l’H7N9. Entrambi i virus hanno causato alcune centinaia di casi, soprattutto in Asia, e sono "osservati speciali", perché si ritiene che in futuro potrebbero acquisire mutazioni che consentirebbero loro, al contrario di quanto avviene ora, di diffondersi facilmente da una persona all’altra.

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Riproduzione artistica del virus dell'aviaria. © SPL/Contrasto

Famiglie di virus. C'è da sapere che i virus dell’influenza vengono suddivisi in due gruppi, il tipo 1, che comprende i sottotipi H1, H2 e l’H5 – la forma di aviaria presa in considerazione - mentre il 2 comprende i sottotipi H3 e H7, l'altro tipo di influenza aviaria.

L’ipotesi iniziale dei ricercatori era stata che se da piccolo uno prende un virus di un gruppo, da adulto sarà poi protetto anche contro gli altri dello stesso gruppo, e hanno riscontrato che effettivamente è così: le persone si erano ammalate di un tipo o dell’altro, a seconda di quale influenza avevano preso da bambini.

Prima e dopo il '68. Lo spartiacque è considerato il 1968, anno a partire dal quale i virus di tipo 1 - che avevano dominato per quasi cinquant’anni - sono quasi spariti dalla circolazione, e hanno invece cominciato a diffondersi quelli di gruppo 2.

Chi è nato prima del 1968 ha dunque avuto una probabilità maggiore di incappare da bambino in un virus di tipo 1, e da adulto è poco probabile che prenda una brutta influenza da virus dello stesso gruppo.

Chi invece è nato dopo il ’68, è probabile abbia avuto il suo primo incontro con un virus influenzale del gruppo 2, ed è più protetto anche dagli altri della stessa famiglia.

Secondo i ricercatori, gli effetti di questa "protezione incrociata" dovuti all'esposizione nell’infanzia, sono potenti: la riduzione del rischio di ammalarsi di virus parenti del primo è del 75 per cento, e quello di morire di un’influenza simile a quella già presa è inferiore dell’80 per cento.

Prevedere chi si ammalerà. Questi risultati aprono prospettive importanti riguardo alle misure da prendere contro future temute pandemie di influenza. Innanzi tutto sfidano la convinzione comune che, in caso di pandemia causata da un nuovo virus influenzale, tutta la popolazione si troverebbe ugualmente senza difese. «Dovrebbe invece essere possibile prevedere la distribuzione dell’età di chi sarà più duramente colpito, e il potenziale di epidemie gravi», afferma Katelyn Gostic, ricercatrice alla University of California, a Los Angeles, e primo autore dello studio.

Domande per il futuro. Nello stesso tempo, la scoperta potrebbe aiutare a capire come migliorare i vaccini contro l’influenza, che oggi devono essere riformulati ogni anno sulla base delle caratteristiche dei virus in circolazione. Sarebbe possibile mettere a punto un vaccino che protegga da ogni influenza? Altra domanda che rimane aperta è invece se la vaccinazione contro l’influenza effettuata di routine in alcuni Paesi sui bambini aiuti oppure interferisca con lo sviluppo di questa immunità naturale.

11 novembre 2016 Chiara Palmerini
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