Salute

Il virus dell'aviaria è sempre più capace di infettare i mammiferi: quanto è già diffuso?

Il virus dell'aviaria circolava nei bovini già da molti mesi, è poi passato ai gatti attraverso il latte "crudo" infetto e ha raggiunto persino i delfini tursiopi.

Il passaggio del virus dell'influenza aviaria dagli uccelli selvatici ai bovini negli USA sarebbe avvenuto con una singola introduzione già a dicembre 2023 o a gennaio 2024, alcuni mesi prima di quando la sua circolazione nelle mucche da allevamento è divenuta un fatto ufficiale. È quanto emerge dall'analisi di dati sul sequenziamento genetico del virus H5N1 in 239 animali postati il 21 aprile dal Dipartimento dell'Agricoltura statunitense in un pubblico database.

Circolazione silenziosa. Che cosa significa questo "tempo perso"? Che il patogeno è probabilmente assai più diffuso negli allevamenti bovini di quanto dicano i dati ufficiali, che indicano la presenza dell'aviaria in 34 mandrie di mucche da latte di 9 diversi Stati americani. Un'ipotesi supportata anche dal fatto che tracce genetiche del virus sono risultate presenti nel 20% del latte vaccino venduto negli Stati Uniti.

Anche se il latte pastorizzato in commercio è considerato sicuro per i consumatori, proprio perché le alte temperature del processo di pastorizzazione neutralizzano qualunque patogeno, la presenza di residui virali in una percentuale così alta di latte suggerisce una diffusione più massiccia del virus di quanto stimato finora.

Gatti e delfini. Come spiegato in un articolo su Nature, i nuovi dati genetici mostrano anche passaggi occasionali "di ritorno" dai bovini infetti ai gatti e di nuovo agli uccelli, la prova che ci troviamo a fronteggiare la diffusione di patogeno multi-ospite. E in particolare il passaggio del virus dell'aviaria dai bovini ai gatti desta qualche preoccupazione: infatti, secondo uno studio da poco pubblicato sulla rivista Emerging Infectious Diseases, a metà marzo i gatti di una fattoria del Texas avrebbero contratto l'influenza aviaria probabilmente dopo aver consumato il latte crudo (quindi non pastorizzato) delle mucche di quell'allevamento, rimaste contagiate dal virus.

Oltre alla triste sorte dei gatti (20 su 24 sarebbero deceduti proprio per il decorso sfavorevole dell'aviaria), l'accaduto fa riflettere sul rischio della trasmissione dell'H5N1 da mammifero a mammifero e della sua circolazione all'interno di popolazioni di mammiferi. Cosa che comunque continua ad avvenire anche in contesti più lontani dall'uomo: è del 26 aprile la notizia del primo caso di delfino tursiope del Nord America (in Florida) infettato da questo patogeno.

Una cautela aggiuntiva. In questa situazione di incertezza vigile, e mentre, secondo un protocollo prestabilito, l'Amministrazione per la preparazione e la risposta strategica degli Stati Uniti organizza la produzione delle componenti indispensabili per eventuali vaccini (a partire dall'antigene del virus), la raccomandazione per chi si trovi a lavorare con i bovini negli USA è quella di non consumare latte crudo.

Che è comunque una pratica pericolosa perché espone al contatto con una serie di potenziali batteri, e non solo con l'eventuale presenza di virus dell'aviaria.

30 aprile 2024 Elisabetta Intini
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