Il più noto principio attivo della cannabis, il tetraidrocannabinolo (THC), è capace di influenzare l'epigenetica degli spermatozoi, ossia di modulare l'espressione di alcuni geni, attivandoli o disattivandoli affinché il loro potenziale venga espresso o soppresso.
La ricerca del Duke University Health System in pubblicazione sulla rivista Epigenetics, aggiunge la marijuana all'elenco delle sostanze, e delle condizioni, che possono influire sul profilo genetico degli spermatozoi, pur non modificandone direttamente il DNA (ma solo in modo in cui le informazioni che veicolano sono regolate). Anche il fumo di tabacco, i pesticidi, l'inquinamento e l'obesità possono avere effetti simili, anche se al momento non è chiaro quali possano essere, sempre che vi siano, le conseguenze su eventuali figli concepiti in un periodo di consumo regolare di cannabis.
Di che cambiamenti si parla? I ricercatori hanno condotto esperimenti sui topi e su 24 uomini, tra i quali hanno distinto gli utilizzatori regolari, cioè chi aveva fumato cannabis almeno una volta alla settimana per i sei mesi precedenti, e i non utilizzatori (chi non l'aveva fumata mai, o non più di 10 volte nella vita). A più alta concentrazione di THC nelle urine corrispondeva un più alto numero di cambiamenti nell'espressione genica degli spermatozoi.
Il THC sembra avere effetto su centinaia di geni diversi nei ratti e nell'uomo, molti dei quali hanno, però, un tratto in comune: sono associati a due importanti vie metaboliche, una coinvolta nell'aiutare gli organi del corpo umano a raggiungere le loro dimensioni ottimali; l'altra nel regolare la crescita durante lo sviluppo. Entrambe queste "catene di reazioni chimiche" appaiono alterate nella genesi di alcuni tipi di cancro, ma non si può dire al momento se e come i cambiamenti legati al THC impattino sul futuro sviluppo del bambino, né si sa se gli spermatozoi influenzati da questa sostanza siano sani abbastanza da fertilizzare una cellula uovo: si tratta, insomma, di studi ancora preliminari.
Meglio prevenire. La ricerca presenta inoltre alcuni limiti, come il numero ridotto di volontari e la possibile influenza di altri fattori legati allo stile di vita, come la nutrizione o il consumo di alcol. Non si sa neppure se queste alterazioni siano permanenti, ma in attesa di studi più approfonditi, vale secondo gli scienziati un principio di cautela: astenersi dalla cannabis per almeno sei mesi, prima di provare ad avere un figlio.