La concentrazione di polveri sottili che quotidianamente respiriamo non può dirsi sicura praticamente in nessun luogo sulla Terra: secondo la prima mappatura accurata dei livelli globali di PM2.5, pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Lancet Planetary Health, soltanto nello 0,18% della terraferma si respira una quantità di particolato al di sotto dei limiti fissati dall'OMS ai fini di tutelare la salute umana.
Significa che appena lo 0,001% della popolazione terrestre è esposta a livelli medi annuali di PM2.5 inferiori ai 5 µg/m³ (dove 1 microgrammo - simbolo μg - corrisponde a 1 millesimo di milligrammo), la soglia che idealmente non andrebbe superata.
Il termine PM2.5 si riferisce alle polveri sottili, ossia le particelle sospese nell'aria, aventi dimensioni minori o uguali a 2,5 micron (1 micron - simbolo µm - corrisponde a un millesimo di millimetro). Queste polveri sottili si riconoscono perché sono quelle che tipicamente riducono la visibilità dell'aria e causano una specie di nebbiolina diffusa se presenti in concentrazioni elevate - circostanza che avviene soprattutto nei giorni senza vento e senza rimescolamento dell'aria.
Deleteri per l'organismo. L'effetto di queste polveri sottili sulla salute è particolarmente preoccupante perché hanno dimensioni tali da penetrare facilmente nelle vie respiratorie profonde e da lì nella circolazione sanguigna. L'esposizione al PM2.5 è stata collegata a un aumento di ricoveri per patologie respiratorie e cardiovascolari, di asma e bronchiti croniche, di tumori ai polmoni, ma anche a patologie apparentemente poco collegate come basso peso alla nascita, effetti sulla salute mentale, diabete, ridotta fertilità. Le fonti del particolato sono per lo più gli scarichi dei veicoli, degli impianti industriali, del riscaldamento, e i fumi degli incendi boschivi.
Analisi accurata. Nel nuovo studio, Yuming Guo, Professore di Salute ambientale globale presso la Scuola di Medicina preventiva della Monash University di Melbourne, Australia, ha realizzato una mappatura globale di come le concentrazioni globali di PM2.5 sono cambiate negli ultimi decenni, ottenuta integrando - con metodi di statistica avanzata e di machine learning - le osservazioni delle stazioni locali di monitoraggio per la qualità dell'aria con le rilevazioni dei satelliti meteorologici o per l'analisi dell'inquinamento atmosferico.
«In questo modo - spiega Guo - abbiamo stimato le concentrazioni globali giornaliere in superficie di PM2.5 a un'elevata risoluzione spaziale di circa 10 km x 10 km dal 2000 al 2019, concentrandoci sulle aree con livelli medi diurni superiori ai 15 μg/m³ che è considerata la soglia limite di sicurezza dall'OMS».
Fuori norma 7 giorni su 10. L'analisi ha rivelato che negli ultimi due decenni le concentrazioni annuali di PM2.5 in Europa e Nord America sono diminuite, mentre sono aumentate in Asia meridionale, Australia, Nuova Zelanda, America Latina e Caraibi. Nel 2021 l'OMS ha aggiornato le sue linee guida sui limiti degli inquinanti dell'aria per la prima volta dopo 15 anni, abbassando quello annuale del PM2.5 da 10 a 5 microgrammi al metro cubo (μg/m3).
Si tratta tuttavia di indicazioni non vincolanti dal punto di vista legale.
Per quanto riguarda invece i limiti medi da non varcare nell'arco delle 24 ore, nonostante un leggero declino globale dei giorni con concentrazioni eccessive di polveri sottili, nel periodo considerato hanno globalmente varcato la soglia sicura (di 15 μg/m³) più del 70% dei giorni. In Asia meridionale e orientale, oltre il 90% dei giorni hanno registrato concentrazioni medie di PM2.5 superiori al limite.
Cambiamenti stagionali. Globalmente, la media annuale di PM2.5 dal 2000 al 2019 è stata di 32,8 µg/m3, con le concentrazioni più elevate rilevate in Asia orientale (50,0 µg/m3), Asia meridionale (37,2 µg/m3), e Nord Africa (30,1 µg/m3). I livelli di polveri sottili cambiano molto anche in base a fenomeni stagionali: «In Cina nordorientale e in India settentrionale sono massimi nei mesi invernali (dicembre, gennaio e febbraio), mentre nelle aree orientali del Nord America il PM2.5 è più elevato nei mesi estivi (giugno, luglio e agosto). In Sud America abbiamo rilevato alti livelli di PM2.5 in agosto e settembre, e in Africa subsahariana da giugno a settembre» chiarisce Guo.
Che cosa aspettiamo? La ricerca fornisce un quadro più chiaro (e sconfortante) della situazione globale dell'aria che respiriamo. Secondo l'OMS, quasi l'80% dei decessi legati al PM2.5 potrebbe essere evitato nel mondo se gli attuali livelli di inquinamento atmosferico fossero ridotti a quelli proposti nelle linee guida aggiornate.