Topo cervo (Peromyscus maniculatus) e topo delle dune (Peromyscus polionotus) sono due specie di roditori del Nord America che, come il topo di campagna e il topo di città della favola di Esopo, hanno abitudini molto diverse, non tanto per quanto riguarda i gusti alimentari e di abitazione, ma nella “vita amorosa”: il topo cervo è promiscuo, si accoppia ogni pochi minuti con partner differenti, tanto che le femmine partoriscono prole di maschi diversi, mentre il cugino topo delle dune è monogamo e fedele a una sola compagna.
Il segreto dei buoni nuotatori. Proprio questa diversità nello stile riproduttivo è molto interessante per capire l’evoluzione della fertilità, e l’idea di un gruppo di ricercatori dell’Università di Harvard è stata di studiare se alle differenze di comportamento corrispondessero differenze biologiche.
Paragonando il liquido seminale delle due specie di animali le hanno in effetti trovate: gli spermatozoi del topo cervo, esaminati al microscopio, presentano un tratto intermedio, la parte iniziale della coda, molto più lunga e sviluppata. Questa regione è quella in cui sono concentrati i mitocondri, le centrali che forniscono alla cellula l’energia per il movimento e che consentono agli spermatozoi di nuotare verso l’ovocita nel tratto riproduttivo femminile. Il fatto di avere questa zona iper-sviluppata consente agli spermatozoi del topo cervo di essere particolarmente “virili”.
Differenze genetiche. Incrociando i topi tra di loro, e analizzando gli spermatozoi della progenie, i ricercatori sono poi riusciti a individuare la base genetica di questa particolare potenza, un gene chiamato PrKar1a, le cui mutazioni, tra l’altro, erano già state associate a difetti della fertilità, sia nei topi sia nell’uomo.
La proteina codificata dal gene è particolarmente abbondante nella coda degli spermatozoi, e come i ricercatori si aspettavano, gli animali che ne avevano una copia sola avevano un tratto intermedio più corto.
Nuovi test per l'infertilità maschile. Con l’identificazione di questo gene, e del suo effetto sulla funzionalità degli spermatozoi, si potrebbe arrivare a una comprensione migliore dei problemi di fertilità dell’uomo, responsabili di circa il trenta per cento dei casi delle difficoltà di concepimento.
I test tradizionali con cui viene fatta l’analisi del liquido seminale, che consistono essenzialmente nell’osservazione al microscopio della quantità, della forma e della motilità degli spermatozoi, forniscono spesso informazioni insufficienti. A volte tutto sembra normale, ma le difficoltà di concepimento rimangono.
Proprio per questo, laboratori e aziende stanno sviluppando tipi di analisi più avanzate, che esaminino l’espressione dei geni degli spermatozoi o la capacità delle cellule di compiere i cambiamenti fisiologici necessari alla fecondazione.
Ogni informazioni in più è probabile che venga presto utilizzata per diagnosi più accurate dell’infertilità maschile.