Sappiamo che il virus dell'HIV si trasmette durante i rapporti sessuali, ma le dinamiche di diffusione nell'organismo ospite non sono ancora del tutto chiare.
Un passo importante nella comprensione di questi processi è descritto in un articolo pubblicato su Cell. Per la prima volta i ricercatori sono stati in grado di filmare una cellula infettata dal virus che causa l'AIDS mentre trasmetteva il patogeno alle cellule ospiti. Il contagio è stato osservato in diretta in una coltura cellulare dell'Institut Cochin, in Francia.
Contagio in diretta video. I biologi hanno utilizzato un campione di tessuto mucoso genitale conservato su una piastra di laboratorio come modello di organismo ospite. Quindi hanno osservato un linfocita T infettato con un virus dell'HIV, reso verde fluorescente, mentre entrava in contatto con le cellule più esterne della membrana genitale, chiamate cellule epiteliali (in blu nel filmato qui sotto). I linfociti T sono globuli bianchi, prima linea di difesa del sistema immunitario per contrastare l'intruso - nonché tra i primi ad essere presi di mira (il testo prosegue dopo il video).
Quando il linfocita T infetto ha raggiunto la cellula epiteliale presa di mira, tra i due si è creata una struttura a forma di "tasca" - la sinapsi virale - che ha permesso alle particelle virali (i puntini verdi nel video) di viaggiare da una cellula all'altra. Il filmato mostra che le componenti del virus vengono "sparate" dal linfocita come i raggi di una pistola laser, ma non infettano la cellula epiteliale. La usano solo come tramite - mediante un processo noto come transcitosi - per arrivare al vero obiettivo: i macrofagi (un altro tipo di globuli bianchi) che si trovano sotto di esse.
Dritti alla meta. I macrofagi sono un bersaglio importante del virus perché, a differenza dei linfociti T, non muoiono in seguito all'infezione, ma riescono ad accumulare particelle virali infettive - i virioni - che si incaricano poi di diffondere. Il processo di trasmissione dura un'ora o due; dopodiché il linfocita è libero di andarsene ad infettare altre cellule.
Il dato più interessante è che il linfocita T infetto sembra posizionarsi sempre esattamente sopra le cellule epiteliali che si trovano proprio sopra i macrofagi. «Il macrofago rimane fermo, pronto a ricevere il virus quando scappa dalle cellule epiteliali», spiega Morgane Bomsel, tra gli autori dello studio: «la sinapsi si forma sempre con le cellule epiteliali sistemate proprio sopra i macrofagi. Ci deve essere quindi un'interazione tra macrofagi ed epitelio.»
Questo tipo di trasmissione dura una ventina di giorni.
In seguito il virus entra in una fase latente in cui non si diffonde più attivamente, ma rimane "dormiente" all'interno dei macrofagi, dove è più difficile raggiungerlo con trattamenti farmacologici. Ecco perché le cure più promettenti prendono di mira l'infezione in fasi estremamente precoci, quando è appena iniziata.