Più di 200mila casi di colera, 1.300 morti, un quarto dei quali bambini, si sono verificati negli ultimi mesi nello Yemen, Paese in cui la guerra in corso ha tagliato fuori milioni di persone dall’accesso all’acqua e ai servizi igienici. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità si tratta della peggiore epidemia in corso nel mondo. Ecco le risposte ai dubbi più comuni su questa malattia che nell’immaginario collettivo occidentale appare un retaggio di tempi bui e che invece continua a mietere vittime nel mondo.
1. Che malattia è il colera?
È un’infezione dell’intestino, che causa una forma grave di diarrea. È causata dal batterio Vibrio cholerae, un microbo che vive soprattutto nelle acque salmastre, in ambienti ricchi di alghe e plancton, come gli estuari dei fiumi, ma può contaminare anche le acque dolci. A provocare la maggior parte delle epidemie è il cosiddetto sierogruppo 01. Altri sottotipi del batterio possono provocare forme deboli della malattia, ma generalmente non epidemie.
2. Come si trasmette?
L’infezione si prende consumando acqua o alimenti contaminati dalle feci di individui infetti, in cui è presente il batterio. I cibi più a rischio sono quelli crudi o poco cotti, per esempio i frutti di mare. La malattia comincia a manifestarsi da 12 ore a 5 giorni dopo l’ingestione di cibi o liquidi contaminati.
3. Quali sono i sintomi?
La maggior parte delle persone infettate in realtà hanno scarsi o nessun sintomo, anche se le loro feci possono continuare a far ammalare gli altri. In una minoranza di casi, circa uno su venti, si verifica però una forma grave di diarrea acquosa. È proprio la disidratazione causata dalla diarrea che può portare, soprattutto nei Paesi dove l’assistenza sanitaria è poco sviluppata, alla morte nel giro di poche ore.
4. Come si cura?
L’intervento più importante è la reintegrazione dei liquidi persi, fino a 6-7 litri all’inizio della malattia. Nei casi più gravi può essere necessaria l’infusione per endovena di soluzioni idratanti. Gli antibiotici vengono in genere somministrati per abbreviare il decorso della malattia soprattutto nelle forme più gravi o nei pazienti più a rischio, come gli anziani.
5. C’è un vaccino?
Il vaccino esiste, ed è utilizzato soprattutto nelle aree dove la malattia è endemica: la protezione che conferisce è stimata nel 65 per cento circa. Il sito Viaggiare sicuri, a cura del Ministero degli esteri italiano, lo raccomanda il solo ai viaggiatori nelle aree a rischio, in particolare i lavoratori all’estero e i soccorritori che si recano in paesi colpiti da disastri, perché il rischio è piuttosto basso.
Alcuni Paesi lo richiedono comunque, all'ingresso, per esempio il Madagascar.
6. Dove si può prendere la malattia?
Il colera oggi è endemico in molti Paesi in via di sviluppo, dal sud-est asiatico, all’Africa e fino all’America del Sud. È strettamente legato agli ambienti in cui c'è un accesso limitato all'acqua pulita, le fognature sono scarse o inesistenti. Occasionalmente si verificano delle epidemie. L’Oms stima che si verifichino fino a 4 milioni di casi all’anno, nel mondo, con un numero di morti che va da 21mila a 143mila, ma è difficile stabilire il numero esatto, visto che solo una minoranza di casi vengono accertati e notificati.
7. Esiste ancora, in Europa?
In Europa e nei Paesi industrializzati il colera è una malattia di importazione. In Italia, l’ultima importante epidemia di colera si è verificata nel 1973 in Campania e Puglia. Nel 1994 si è avuta a Bari un’epidemia limitata, con una decina di casi. E, nel 2008, un uomo è morto di colera a Milano, di rientro dall’Egitto: gli accertamenti hanno dimostrato si era infettato all’estero. Anche nel resto d’Europa i casi sono limitati, con un’incidenza di un caso ogni 10 milioni di abitanti.
8. Quali sono la storia e l'evoluzione della malattia?
Il colera si è diffuso nell’Ottocento, in tutto il mondo, a partire dal suo serbatoio originario, nel delta del Gange, in India. A metà dell’Ottocento si credeva che si trasmettesse attraverso i miasmi nell’aria, come altre malattie infettive. Fu il medico inglese John Snow, considerato uno dei padri fondatori dell’epidemiologia, a dimostrare per la prima volta che un’epidemia che era scoppiata in un quartiere di Londra era da attribuire alla contaminazione dell’acqua in una delle pompe pubbliche della zona.
Da metà Ottocento a oggi, sei pandemie hanno ucciso milioni di persone in tutti i continenti. Secondo studi recenti, i cambiamenti climatici creano un ambiente favorevole alla diffusione del vibrione del colera e non solo.