Così nel dettaglio non l'avevamo mai visto: un gruppo di neurobiologi dell'università di Harvard ha realizzato una mappa tridimensionale del cervello a partire da una serie di immagini in scala nanoscopica. Una ricostruzione talmente dettagliata che consente di osservare le singole strutture delle cellule cerebrali, grandi pochi milionesimi di millimetro. La tecnica, usata per visualizzare una porzione di cervello di topo deputata alla percezione sensoriale, è stata descritta sulla rivista Cell.
Ripercussioni cliniche. «Stiamo parlando della possibilità di visualizzare strutture quasi al livello di una molecola», spiega Narayanan Kasthuri, principale autore dello studio. Nel lungo periodo, il nuovo metodo dovrebbe servire a studiare le anomalie di connessione all'origine di malattie come schizofrenia e depressione.
Come funziona. Insieme ai colleghi, Kasthuri ha ideato un dispositivo che seziona il tessuto da esaminare in migliaia di sottili sezioni. Dopo essere stati colorati e trattati per evidenziare i diversi tipi di tessuto, i campioni vengono fotografati da un microscopio elettronico. Un software assegna un colore a ogni tipo di struttura osservata e unisce le singole immagini in una mappa tridimensionale completa. Il procedimento è illustrato nel video qui sotto (in inglese).


Un salto in avanti. Le tecniche di imaging cerebrale più diffuse, come la risonanza magnetica, consentono di visualizzare strutture fino al millimetro di dimensione.
BigBrain, un progetto di visualizzazione di tessuto cerebrale sviluppato da ricercatori tedeschi, arriva a osservare strutture di circa 1 micrometro (più sottili di un capello).
La tecnica di Kasthuri permette di studiare le singole cellule cerebrali, il loro contenuto e le connessioni: «Un pixel su una risonanza magnetica equivale a circa un miliardo di pixel sulle nostre immagini». E ci riesce - contrariamente a quanto avviene per altre tecniche di imaging - senza perdere in definizione, se dall'infinitamente piccolo si passa alla visione di un tessuto più esteso.
Prospettive. Il procedimento potrebbe servire in futuro per analizzare porzioni di cervello in pazienti deceduti, ma anche per creare mappe dettagliate che illustrino le tipologie di connessioni cerebrali tipiche di alcune patologie. Per riuscirci, però, serviranno computer molto potenti: solo le immagini relative all'intero cervello di un topo richiedono l'elaborazione di miliardi di gigabyte di dati. Per arrivare alla mappa di quello umano serviranno probabilmente almeno 10 anni.