Qualche settimana fa il sito di informazioni mediche WebMD è stato acquisito dal fondo di investimento KRR per la non trascurabile cifra di 2,8 miliardi di dollari: è circa la metà del totale delle quattordicesime incassate dagli italiani il mese scorso. Come può un sito web valere così tanto?
La paura fa 90 (Miliardi). WebMD esiste da diversi anni, offre informazione di alta qualità e negli Stati Uniti è un punto di riferimento per chi cerca di scoprire se quel brufolo comparso in mezzo alla fronte è il primo sintomo di un pericolosissimo virus, o solo un invito del nostro organismo a moderare il consumo di salumi e cioccolata.
Lo scorso anno il sito ha totalizzato oltre 16 miliardi di pagine viste che grazie alla pubblicità si sono trasformate in denaro sonante nelle casse dell’azienda.
E cosi WebMD è entrato a far parte della grande famiglia di Internet Brands, una holding di proprietà di KRR che possiede alcuni tra i siti web americani a più alto traffico, molti dei quali specializzati in salute. Tra questi DentalPlans.com dedicato alle cure odontoiatriche e Vein Directory.com, che aiuta a trovare specialisti delle più diverse discipline sanitarie.
Tutti pazzi per il tracking. La salute online è insomma diventata un grande affare. Possiamo rendercene conto da soli provando a elencare i dispositivi e le applicazioni che utilizziamo quotidianamente per tenere sotto controllo la nostra forma fisica: app che contano quanti passi facciamo, braccialetti per il monitoraggio del sonno, fitness tracker che tracciano tutte le nostre sessioni di allenamento registrando km percorsi, calorie consumate e frequenza cardiaca.
Ma anche applicazioni che aiutano le donne a monitorare il ciclo mestruale e i periodi fertili o che servono per registrare l’attività sessuale (esistono anche quelli e negli USA sono utilizzati). Insomma, ogni aspetto della nostra salute, anche il più intimo, può essere tenuto sotto controllo e archiviato sulla Rete.
Secondo un’inchiesta pubblicata a giugno sul mensile Altraeconomia il mercato del mobile health cresce del 30% all’anno ed entro il 2020 potrebbe valere 60 miliardi di dollari.
E una ricerca IDC dello scorso marzo evidenzia come i primi 4 produttori al mondo di weareable device, Fitbit, Xiaomi, Apple e Garmin, siano specializzati proprio nella realizzazione di dispositivi per il controllo della salute e della forma fisica.
Cara azienda, ti farò ricca. Cuore di questo enorme business sono i nostri dati: lo sport che pratichiamo, la frequenza con cui lo facciamo, cosa mangiamo, i nostri parametri fisiologici. Il loro valore è enorme perché le aziende che possiedono questi dati possono trasformarli in informazioni su di noi e utilizzarle a fini commerciali o promozionali.
Per esempio per proporci programmi di allenamento su misura che ci aiutino a migliorare le nostre performance o diete personalizzate per buttare giù i chili in eccesso. E poi prodotti alimentari, integratori, prodotti per la salute e tutto ciò che può risultare interessante in base al nostro profilo.
La medicina del futuro. In ambito clinico queste tecnologie possono essere impiegate per migliorare la vita dei pazienti e il loro rapporto con il medico. Negli Stati Uniti la FDA, l’equivalente del nostro Ministero della Salute, ha recentemente approvato l’utilizzo di dispositivi per il monitoraggio a distanza dei pazienti.
I benefici maggiori andranno agli anziani e a coloro che soffrono di patologie croniche, cardiovascolari, neurologiche che richiedono un controllo costante.
Le strutture sanitarie presso le quali sono in cura potranno così tenere sotto controllo l’evoluzione della malattia ed intervenire in tempo reale in caso di necessità. Non solo: i dati raccolti 24 ore su 24 per 7 giorni a settimana contribuiranno a costruire un grande database di informazioni cliniche utili per la ricerca medica e farmaceutica.
Non è certo un caso che Google, qualche mese fa, abbia avviato Baseline: un grande progetto finalizzato a raccogliere, per finalità di ricerca, i dati sanitari di 10.000 volontari.
A caccia dei dati. Tutto molto interessante e utile. Ma tutti questi dati che ci riguardano così da vicino...dove sono? Chi vi può accedere? E chi li possiede, che cosa può farci?
Uno dei problemi è che spesso le aziende che raccolgono questi dati non adottano la politica della massima trasparenza sull’uso che ne faranno, e il fatto di avere la sede in paesi che adottano legislazioni sulla privacy meno garantiste rispetto a quella europea non fa che complicare le cose.
La responsabilità quindi è ancora una volta di noi utenti: leggere le noiosissime pagine che spiegano le condizioni dei servizi che utilizziamo potrebbe non essere una cattiva idea.