Le sostanze perfluoroalchiliche o acidi perfluoroacrilici (PFAS), i composti chimici industriali definiti "perenni" perché resistenti ai principali processi di degradazione, riescono a oltrepassare la barriera protettiva della pelle e a entrare nella circolazione sanguigna. Lo prova una ricerca pubblicata su Environment International, che aggiunge una possibile via di accesso di questi inquinanti al nostro organismo.
PFAS: che cosa sono, e dove si trovano? I PFAS sono acidi molto forti e stabili, ampiamente utilizzati in ambito industriale per le loro proprietà idrorepellenti e oleorepellenti (per approfondire: 5 domande sui PFAS). Si trovano in indumenti e scarpe impermeabili, uniformi, cosmetici, imballaggi alimentari, pesticidi, tappeti, vernici, prodotti farmaceutici, e nei rivestimenti delle padelle antiaderenti. Queste stesse proprietà di resistenza al calore e alle macchie li rendono di difficile degradazione, e nell'arco degli ultimi decenni si sono accumulati in falde acquifere e fiumi. Si trovano ormai nell'acqua del rubinetto di moltissimi Paesi, anche lontani dai più noti siti di contaminazione.
Una spiacevole scoperta. Anche se alcuni tipi di PFAS sono stati banditi, o sono considerati sorvegliati speciali perché associati all'insorgenza di alcuni tipi di tumori, di malattie della tiroide, dell'intestino e del sistema endocrino, questi acidi hanno ormai fatto in tempo a penetrare in modo capillare negli ecosistemi. Si sa che possono essere inalati, ingeriti o bevuti, ma finora si pensavano incapaci di farsi largo attraverso la pelle, proprio «perché le loro molecole sono ionizzate. Si pensava che la carica elettrica che conferisce loro la capacità di respingere l'acqua e le macchie li rendesse anche incapaci di attraversare la membrana cutanea», spiega Oddný Ragnarsdóttir, scienziata ambientale dell'Università di Birmingham (Regno Unito).
Noi non siamo impermeabili. La nuova ricerca dimostra che non è così e che, anzi, la pelle può costituire una via di accesso importante dei PFAS al corpo umano. Ragnarsdóttir e colleghi hanno selezionato 17 tra i PFAS più utilizzati e più studiati per i loro effetti tossici e li hanno applicati a modelli 3D di pelle umana, ossia sandwich multistrato di tessuti coltivati in laboratorio che sono usati per testare prodotti senza ricorrere a studi su animali e senza esporre l'uomo a sostanze potenzialmente pericolose.
Ben 15 PFAS su 17 sono stati assorbiti dalla pelle in 36 ore: tra questi c'è anche il PFOA (acido perfluoroottanoico), classificato come cancerogeno per l'uomo dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) e bandito così come da indicazioni della Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti.
Quali assorbiamo più facilmente? Il 13,5% del PFOA sparso sulla pelle è riuscito a raggiungere la circolazione sanguigna; un altro 38% ha impregnato il modello di pelle, con la possibilità di penetrare nel sangue in seguito. La quantità di PFAS assorbiti è correlata con la lunghezza della catena di carbonio della loro molecola.
Le sostanze chimiche con catene più lunghe vengono assorbite dalla pelle in dosi minori, mentre i composti a catena corta che sono stati introdotti per rimpiazzare quelli a catena lunga di vecchia generazione, come appunto il PFOA, sembrano essere assorbiti con maggiore facilità. È un dato rilevante, perché l'industria si è mossa verso composti con queste caratteristiche proprio perché ritenuti meno tossici, e paradossalmente ora è più facile che li assorbiamo per via cutanea.
Indagare più a fondo. Secondo gli autori, è molto probabile che i PFAS assorbiti si distribuiscano dal sangue ai vari organi e tessuti del corpo umano. Finora però pochi studi hanno indagato la loro concentrazione all'interno dell'organismo.