Salute

Anche l'intestino ha le sue stagioni

Tra gli Hadza della Tanzania, cacciatori e raccoglitori, i microbi dell'intestino variano a seconda della dieta del momento: come succedeva a noi, fino a uno o due secoli fa.

Ciò che mangiamo determina quali microbi popolano il nostro intestino. Solo negli ultimi anni si è cominciato a capire quanta influenza abbia il cosiddetto microbioma intestinale (l’insieme dei batteri che vivono nella parte inferiore del sistema digestivo) su vari aspetti della salute, e nuove scoperte continuano a mettere in evidenza legami sorprendenti.

Una delle ultime ricerche in ordine di tempo, condotta da un team internazionale di scienziati, ha permesso di studiare i microbi che albergano nell’intestino dei membri di una delle ultime popolazioni al mondo a vivere al modo dei nostri antenati, facendo diverse osservazioni sorprendenti.

come i nostri antenati. L'oggetto dello studio (sommario su Science) è stata la tribù degli Hadza, una popolazione che conta ormai solo un migliaio di individui che, nella regione della Rift Valley, in Tanzania, vivono ancora di caccia e di raccolta. I ricercatori l’hanno scelta perché è ormai una delle poche popolazioni a poterci riportare, come una macchina del tempo, allo stile di vita e all’alimentazione di migliaia di anni fa, ancora prima dell’inizio dell’agricoltura.

Per approfondire: la vita moderna uccide i batteri in simbiosi con l'uomo? Nella foto: cacciatori Yonomamo (Amazzonia), tribù al centro di un ampio studio sul microbioma. © REUTERS/Odair Leal

Una minoranza degli Hadza, anche se ormai si tratta probabilmente delle ultime generazioni a mantenere questo stile di vita, non usa frigoriferi o altri sistemi di conservazione e ha un’alimentazione basata su pochi elementi: nella stagione secca vanno a caccia e si nutrono principalmente di carne di facocero, antilope e giraffa, frutti del baobab e tuberi; nella stagione umida consumano principalmente bacche, miele, e ancora frutti del baobab e tuberi, che sono a disposizione tutto l’anno.

Tra di loro, sono praticamente sconosciute malattie come il tumore del colon o il morbo di Crohn.

Raccolta annuale. Circa 200 membri della popolazione sono stati istruiti dai ricercatori su come raccogliere campioni delle loro feci senza contaminarle (cosa che ha scatenato la loro ilarità, come ha raccontato a Science uno degli studiosi del gruppo) e per circa un anno hanno fornito ai ricercatori la loro cacca da analizzare.

Dal confronto con il microbioma tipico di persone che vivono nei paesi industrializzati sono emerse differenze radicali.

Batteri stagionali. Innanzi tutto, l’intestino degli Hadza è popolato da una varietà molto maggiore di batteri. Inoltre, secondo i ricercatori in modo più sorprendente, le specie di microbi variano fortemente da una stagione all’altra, con un alternarsi ciclico che pare strettamente legato alla dieta del momento. Nella stagione umida, quando l’apporto calorico del miele è prevalente, certe specie - in particolare i Bacteroidetes, che costituiscono un quinto dei batteri presenti costantemente nell'intestino di chi mangia all'occidentale (poche fibre, molta carne) - spariscono quasi completamente, per poi riapparire una volta che aumenta il consumo di tuberi ricchi di fibre, tipico della stagione secca.

Per approfondire: l'aura unica e irripetibile di ogni essere umano è un'impronta biologica composta da milioni di batteri.

È un’oscillazione che non è stata osservata nella flora batterica di chi vive nei Paesi sviluppati.

L'equilibrio perduto. A sparire e poi riapparire in modo massiccio sono specie di batteri condivise da altre popolazioni che seguono una dieta molto ricca di fibre e quasi del tutto assenti nell’intestino delle persone nei paesi industrializzati.

Può darsi che l’alternarsi delle specie di batteri fosse tipico dei nostri antenati che vivevano di caccia e di raccolta, e sia stato perso in seguito. Di sicuro è una prova in più del profondo legame tra dieta e popolazioni batteriche.

Il fatto che lo stile di vita occidentale - un’alimentazione povera di fibre - e il massiccio uso di antibiotici abbiano alterato in modo profondo e rapidamente (forse nel giro degli ultimi 100 anni o poco più) un equilibrio che esisteva da migliaia di anni tra l’uomo e i microbi che vivono in simbiosi con lui ha conseguenze che sono ancora interamente da comprendere.

28 agosto 2017 Chiara Palmerini
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