Salute

Gravi emorragie per il 10% delle neomamme, a Milano una tecnica salvavita

Sanguinamenti responsabili di 1 decesso su 4, alla Mangiagalli procedura che abbatte rischi

Milano, 12 dic. (AdnKronos Salute) - Una tecnica 'made in Milano' per abbattere i rischi di grave sanguinamento durante il parto. Secondo i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità l'evento riguarda una donna su 10, causando il 25% delle morti che ancora si registrano fra le mamme mentre danno alla luce il loro bebè. E i numeri sono in aumento, se si pensa che le emorragie post-parto sono quasi raddoppiate negli ultimi 10 anni sia in Usa che in Europa. Per minimizzare il pericolo la clinica Mangiagalli, 'culla dei milanesi' della Fondazione Policlinico, ha varato "uno speciale modello organizzativo al momento unico in Italia", assicurano dall'Irccs. I risultati ottenuti finora con la procedura adottata "sono molteplici e incoraggianti", dice Antonio Nicolini, responsabile della Radiologia interventistica.

Nel percorso del parto i medici hanno a disposizione un indicatore che si chiama 'Maternal Near Miss' - spiega una nota dal Policlinico - e rappresenta il numero di donne che hanno rischiato di morire, ma sono sopravvissute grazie all'elevata assistenza sanitaria. Queste 'Near Miss' in circa la metà dei casi sono dovute a una grave emorragia post-parto, la cui causa principale è legata alla placenta che può avere una posizione anomala oppure può avere 'invaso' la parete dell'utero o gli organi vicini. Patologie in costante crescita "perché le partorienti hanno un'età più avanzata che in passato - sottolineano gli specialisti - ma anche a causa del più frequente ricorso al parto cesareo e alla fecondazione assistita".

In Mangiagalli, nel Dipartimento guidato da Luigi Fedele, si è quindi attivato un team dedicato composto da ginecologi, radiologi interventisti, anestesisti-rianimatori e fisici sanitari. I lavori sono cominciati un anno fa, con l'obiettivo di ridurre l'emorragia post-parto attraverso tecniche di radiologia interventistica. La procedura si basa su particolari tecniche di embolizzazione o di blocco di flusso dell'arteria uterina, grazie alle quali i medici sono in grado di controllare l'eventuale emorragia nel momento più critico, cioè quello in cui avviene il distacco della placenta subito dopo il parto.

"L'intera procedura - riferisce Nicolini - si svolge interamente in sala parto, adeguatamente allestita con apparecchi angiografici, al fine di ottimizzare sicurezza e tempistica dell'intervento. La finalità è quella di ridurre temporaneamente il flusso di sangue all'utero subito dopo il cesareo, cioè quando l'entità del sanguinamento ha il suo picco. Nelle ore successive, quando le probabilità di emorragia si riducono, l'utero viene nuovamente irrorato, grazie ad esempio all'utilizzo di una sostanza 'embolizzante' composta di un materiale che si riassorbe spontaneamente nel tempo".

Questa tecnica, ma soprattutto il modello organizzativo con cui è applicata - precisa l'Irccs milanese - hanno permesso di ridurre le perdite ematiche nelle donne che stanno partorendo di oltre il 50% (746 cc di sangue contro i 1.640 cc dei casi controllo), e c'è stato bisogno di meno trasfusioni di sangue (nell'8% dei casi, rispetto al 36% del gruppo controllo). In un anno dalla sua applicazione "in nessun caso - evidenzia Nicolini - si è dovuto ricorrere all'asportazione dell'utero per arginare l'emorragia e per nessuna partoriente è stato necessario il ricovero in rianimazione".

"Come per tutti i tipi di emorragia - conclude l'esperto - il tempo gioca un ruolo vitale. La nostra soluzione di operare in équipe in un'unica sala si sta dimostrando vincente. Purtroppo in Italia non sono noti casi di altri ospedali che abbiano optato per tale scelta, che sicuramente è più complessa dal punto di vista logistico ed economico, ma fornisce un controllo ed una sicurezza per la donna indubbiamente superiore".

12 gennaio 2015 ADNKronos
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