La strada per la cura passa sempre più spesso dai motori di ricerca (con tutti i rischi che il googlare sintomi nella solitudine della propria stanza comporta). Spesso manca un anello di congiunzione con medici e specialisti che possano fornire un aiuto mirato e non virtuale. Google si sta muovendo per aiutare chi gli chiede risposte su una condizione diffusa e alienante: la depressione.


In cima. Big G ha reso noto che da ora in poi, chi cercherà il termine "depressione clinica" da mobile negli Stati Uniti, vedrà comparire in evidenza un pannello informativo con l'opzione "controlla se ne soffri", collegato a un questionario clinicamente approvato per capire se si tratti di un malessere temporaneo o di un disagio più profondo.
Il motore di ricerca ha lavorato con la National Alliance on Mental Illness (NAMI), un gruppo di aiuto per chi soffre di malattie mentali negli USA, per mettere in evidenza il risultato e offrire uno strumento di autodiagnosi preliminare, ma scientificamente valido.
Freno. Non è (solo) legittima preoccupazione per la salute degli utenti, ma anche un tentativo di arginare il fenomeno dei suicidi "annunciati" in Rete: atti di disperazione che forse, con l'aiuto di algoritmi ben studiati si potrebbero evitare. Il test conosciuto come Patient Health Questionnaire-9 (PHQ-9) e utilizzato da molti operatori sanitari, chiede per esempio quanto spesso si soffra di disturbi del sonno o di pensieri autolesionisti.
Funzionerà? Ma se in molti sono favorevoli all'iniziativa, altrettanti mettono in guardia da eccessive semplificazioni: fornire un nome al disagio può non servire, se mancano psicologi che possano curarlo (o la volontà di ricorrervi). Altri sottolineano che il PHQ-9 non è un test da utilizzare una tantum, ma va somministrato in modo ripetuto e regolare - da uno specialista, per giunta.
Tendenza. Di recente, anche Facebook aveva annunciato nuovi sistemi per individuare i campanelli d'allarme del suicidio e avvertire tempestivamente gli amici dell'interessato. Un aiuto che arriva dalle stesse piattaforme da tempo accusate di favorire isolamento, narcisismo e insoddisfazione.








