Milano, 8 set. (AdnKronos Salute) - Non ha più segreti il Dna del rene policistico, prima causa genetica di insufficienza renale. Attraverso il sequenziamento del genoma di oltre 400 pazienti in tutta Italia, gli scienziati dell'Irccs ospedale San Raffaele di Milano hanno costruito la prima mappa che mette in relazione il tipo di mutazione genetica (oltre 700 quelle 'censite', di cui più di 450 scoperte ex novo) all'aggressività e alla precocità della malattia. Se infatti era noto che il rene policistico è causato da difetti nei geni PKD1 o PKD2, a seconda della mutazione le istruzioni contenute in queste porzioni di Dna possono essere più o meno compromesse, dando origine a proteine più o meno disfunzionali. Ecco perché la patologia può essere molto eterogenea, presentandosi a età differenti e peggiorando a velocità diverse.
Il lavoro dell'Istituto di via Olgettina, una delle 18 strutture del Gruppo ospedaliero San Donato, è pubblicato su 'Scientific Reports' e coordinato da Paola Carrera, genetista molecolare e parte del gruppo di ricerca di Maurizio Ferrari, direttore del Laboratorio di Biologia molecolare clinica del San Raffaele. Lo studio - possibile anche grazie ai finanziamenti di ministero della Salute e Miur, e alla collaborazione dell'Associazione italiana rene policistico (Airp) - rappresenta un passo avanti "importante", spiegano gli autori, perché mette a disposizione "un database di informazioni che permetterà di riconoscere meglio le varianti della malattia dal tipo di mutazione, migliorando i test genetici e offrendo terapie personalizzate".
Il rene policistico è una delle malattie genetiche più comuni, che solo in Italia colpisce oltre 60 mila persone. Recentemente - ricordano dal San Raffaele - è stato approvato il primo farmaco specifico per questa patologia, che andrà a sostituire i medicinali finora utilizzati per contenere il dolore cronico associato alla patologia. Al momento, però, non c'è nulla che possa arrestare il progressivo peggioramento della condizione che può portare a insufficienza renale, dialisi e trapianto. La ricerca è dunque l'unica strada da battere.
"Il nostro lavoro getta le basi per comprendere meglio la malattia, migliorare i test genetici e indirizzare i pazienti verso strategie di prevenzione e di terapia più efficaci", afferma Carrera. Delle 701 mutazioni dei geni PKD1 e PKD2 che lo studio del San Raffaele associa alla rene policistico, solo 249 erano già note: 452 sono mutazioni osservate per la prima volta, che i ricercatori hanno classificato in base al grado di patogenicità. L'obiettivo finale è mettere a punto dei test genetici che siano in grado, in base al tipo di difetto riscontrato nel singolo paziente, di fornire indicazioni più dettagliate sull'età d'esordio, la gravità della patologia e la capacità di rispondere a determinati trattamenti.
L'Irccs milanese è riuscito a segnare questo traguardo grazie alle ultime tecnologie di sequenziamento genetico massivo (Next generation sequencing), che permettono di sequenziare pannelli di oltre 5 mila geni fra cui tutti quelli coinvolti nelle malattie renali. Attualmente - si evidenzia in una nota dell'Istituto - il San Raffaele è l'unico centro in Italia ad avere la certificazione europea per il rene policistico, che ne prova l'aderenza ai più alti standard di qualità. L'ospedale ha anche attivato un ambulatorio dedicato alla patologia, con medici nefrologi e genetisti clinici che lavorano insieme in un contesto multidisciplinare.
Il San Raffaele sta lavorando infine su un trial clinico mirato a testare la sicurezza di una molecola modificata di zucchero (la 2DG) nel trattamento del rene policistico. Identificata dall'équipe di Alessandra Boletta, direttrice della Divisione di Genetica e Biologia cellulare, 2DG viene scambiata dalle cellule delle cisti per una normale molecola di zucchero, ma una volta processata è capace di rallentarne il metabolismo, frenando il progresso della malattia nel modello animale. "La ricerca per il miglioramento della diagnosi genetica e per lo sviluppo di terapie innovative, messa direttamente in contatto con le cure cliniche nel nuovo ambulatorio dedicato - conclude Boletta - fanno del nostro ospedale il punto di riferimento nazionale per il trattamento di questa malattia".