(AdnKronos) - Giovani medici 'in fuga' dall'Italia. "Negli ultimi cinque anni, su 6-7 mila laureati in Medicina, circa il 2% - oltre 700 unità - è emigrato all'estero in cerca di un lavoro". Un numero considerevole e sottostimato: "Si calcola infatti che siano circa 1000 i giovani dottori che ogni anno varcano il confine italiano. Francia, Germania, Svezia, Norvegia, Regno Unito, Stati Uniti e Australia, i Paesi più gettonati". A scattare la fotografia per l'Adnkronos Salute è Domenico Montemurro, coordinatore dell'Osservatorio Giovani Fnomceo, che ha analizzato il numero delle cancellazioni dall'Albo con richiesta specifica di andare all'estero.
Il fenomeno - a detta del coordinatore dell'Osservatorio Giovani della Federazione nazionale ordini medici - "è preoccupante e in continua ascesa". Oltre ai 150-200 laureati che ogni anno si cancellano dall'Albo, dichiarando esplicitamente l'intenzione di andare a lavorare all'estero, c'è infatti un gruppo di giovani medici che, pur non cancellandosi dall'Albo, varca il confine: "Secondo alcune ricerche fatte online - spiega Montemurro - sono infatti almeno 1000 le persone che ogni anno richiedono al ministero della Salute il certificato di onorabilità professionale, documento necessario perché richiesto dai sistemi sanitari dei Paesi ospitanti".
I motivi della 'fuga' all'estero dei giovani medici sono soprattutto due. "Il primo - sottolinea Montemurro - è l'imbuto formativo che non permette ai laureati di entrare nelle scuole di specializzazione. A fronte di circa 7 mila laureati l'anno - e in futuro potrebbero essere di più - solo la metà, o poco più, riesce ad entrare nelle scuole. Mancano infatti le risorse per finanziare le borse. E, considerando che la spesa media per un contratto è pari a circa 120 mila euro, per finanziare le borse mancanti servirebbero 360 mln.
"I più fortunati che riescono ad accedere alla specializzazione devono invece stare attenti a non sbagliare corso: "In determinate aree specialistiche - dice Montemurro- si registra un esubero di camici bianchi e trovare lavoro è difficilissimo, se non impossibile".
Per mettere un freno a questa 'fuga', secondo Montemurro, una soluzione potrebbe essere quella di "abolire l'obbligo della specialità, creando quindi percorsi professionalizzanti all'interno del Servizio sanitario nazionale". In ogni caso, per il coordinatore dell'Osservatorio Fnomceo è necessario mettere a punto una "corretta programmazione del fabbisogno dei medici, che metta in evidenza le specialità con carenza di professionisti. Inoltre - conclude - bisognerebbe abolire i 'tempi morti': l'abilitazione alla professione va presa all'interno del corso di laurea. Adesso, con le regole attuali, si rischia di perdere circa 1 anno".