L'ennesima dimostrazione di quanto l'antibiotico-resistenza sia una minaccia globale e pervasiva arriva da un gruppo internazionale di ricercatori, che ha rintracciato i geni che rendono imbattibili i superbatteri in un terreno artico lontano da tutto - un'area finora considerata al riparo da questo tipo di "inquinamento".
Nei campioni di suolo prelevati nella regione di Kongsfjorden, nelle Isole Svalbard, è stata confermata la presenza del gene blaNDM-1, che codifica per una proteina, la NDM-1, che conferisce resistenza a diversi ceppi batterici e minaccia di rendere inutili anche gli antibiotici di ultima risorsa - quelli, cioè, cui si ricorre come "ultima spiaggia" per debellare le infezioni più difficili.
Contagio a macchia d'olio. Meno di tre anni prima delle analisi riportate nella ricerca, condotte alle Svalbard nel 2013, questa proteina era stata isolata nelle acque superficiali di Nuova Delhi (India). Da allora, in una manciata di anni, la molecola e il gene che la codifica si sono diffusi in un centinaio di altre località separate da migliaia di chilometri, e sono arrivati fino all'Artico, in un ambiente a lungo considerato incontaminato, in cui l'unica comunità umana è un vicino villaggio di 120 abitanti.
Come hanno fatto questi geni a viaggiare fino a qui? Gli escrementi di uccelli e di altri animali potrebbero aver contribuito alla contaminazione, ma anche la vicina presenza dell'uomo potrebbe aver avuto un ruolo.
Vie di trasporto. Benché la presenza del gene blaNDM-1 alle Svalbard non costituisca una minaccia per la salute, per il gruppo di ricerca coordinato dall'Università di Newcastle (Regno Unito) è importante sapere fin dove può spingersi la sua diffusione, e capire come si sposti nell'acqua e nel suolo: oltre a regolare l'impiego di antibiotici in ambito medico e nell'agricoltura, per fermare l'avanzata dei superbatteri in un mondo dalle distanze sempre più brevi sarà importante migliorare il trattamento dei rifiuti e il monitoraggio della qualità delle acque a livello globale.